La saga di Final Fantasy si è sempre dimostrata originale e indipendente, ma ci sono dei casi in cui citazioni marcate hanno lasciato spazio a dubbi.
In un tempo remoto era Square ed in quel tempo i problemi economici la affliggevano al punto di portare alla disperazione i suoi dipendenti. In quell’epoca oscura Hironobu Sakaguchi decise di tentare il tutto per tutto proponendo al pubblico un gioco che garantisse immedesimazione senza precedenti e una ragguardevole componente grafica (per gli standard del Famicon/Nintendo), azzardando una mossa estrema nella quale incanalare le ultime energie del colosso della produzione videoludica. Si trattava di un ultimo tentativo prima del fallimento, una finale fantasia ambientata in un mondo fantastico: Final Fantasy.
La scommessa fu vincente e la saga si è consolidata negli anni come principale esponente del JRPG (Japanese Role Play Game), vantando la pubblicazione di ben 14 episodi cadetti e innumerevoli spin-off o cross-over. Si parla di quasi tre decenni di storia! Dal 1987 a oggi, come è normale che sia, stile e gusti delle uscite si sono evoluti per prendere la forma adatta ad appagare le pretese del pubblico, riuscendo a rimanere sulla cresta dell’onda con titoli di tutto rispetto. Ora, complice il costo sempre più oneroso della produzione dei videogiochi, l’incontrare le richieste dei consumatori è divenuto di vitale necessità per ammortizzare il peso economico e anche i nazionalisti giapponesi stanno tentando di tutto per attirare clienti sparpagliati su tutto il globo. Gli sviluppatori orientali riscontrano in questo campo uno scoglio non indifferente, giudicando i giochi occidentali alieni alla propria sensibilità e dimostrando una scarsa capacità emulativa, avanzando tentoni in un campo a loro ignoto e facendosi guidare da statisti privi di coscienza. Prima tra tutte le rivoluzioni si riscontra nelle meccaniche di gioco che puntano sempre più su azioni frenetiche e cinematografiche, caricando di adrenalina anche i giochi dal ritmo classicamente lento (Silent Hill, Resident Evil, etc.), quindi si assiste all’introduzione di trame apprezzabili anche in mancanza di riferimenti culturali specifici, facendo riferimento a stereotipi incisi nella coscienza collettiva.
Per quanto riguarda Final Fantasy, il primo grande esempio concreto della suddetta strategia di mercato è da cercarsi in Final Fantasy XII; il tipico sistema di combattimento a turni viene abbandonato per favorire un approccio più coinvolgente basato su strategie automatizzate tramite comandi preimpostati dai giocatori, mentre il comparto narrativo si distanzia da situazioni tipicamente nipponiche e si impegna ad offrire un prodotto dalla godibilità universale. È difficile, tuttavia, sviluppare un intreccio che intrattenga persone di cui non si capiscono gli interessi e la tentazione di attingere a piene mani da materiali esistenti per affidarsi a scorciatoie è forte. In tal proposito, più voci portano all’attenzione pubblica una serie di similitudini che rievocano fortemente una trilogia cinematografica che ha entusiasmato almeno tre generazioni con le sue battaglie spaziali e i duelli in fil di spada laser. Final Fantasy XII pare, di fatto, essere uno dei migliori giochi basati su Star Wars. Il paragone, apparentemente provocatorio, è stato esplicitato anche di fronte agli stessi sviluppatori, i quali si sono difesi riconoscendo alcune somiglianze, ma contestualizzandole al pari di archetipi tanto diffusi e generici da non toccare in alcun modo il rischio del plagio. Ignorando le loro obiezioni, sondiamo più approfonditamente cosa ha portato i critici a evidenziare questi tratti comuni con i celebri film di fantascienza.
Partendo con ordine, possiamo notare certe similitudini già dalle battute iniziali della vicenda, quando veniamo introdotti alla quotidianità del protagonista Vaan. Si tratta di un giovane orfano dal capello paglierino che cerca di sopravvivere all’inclemente clima del deserto – ispirato alle sabbiose atmosfere della Turchia – e sogna di divenire un celebre pilota di aereonavi per abbandonare definitivamente le torride dune che lo circondano. Il ragazzo vede rivoluzionata completamente la sua esistenza nel trovarsi coinvolto in un’evasione rocambolesca che sfocerà nel suo arruolamento all’interno di un gruppo di resistenza che contrasta un impero dal pugno di ferro. Potrebbe ora venirvi in mente il noto Luke Skywalker, abitante del pianeta desertico Tatooine – ispirato alle sabbiose atmosfere della Tunisia -, giovane orfano dal capello paglierino condannato a una vita da cui vorrebbe fuggire divenendo pilota di astronavi. Egli finisce a trovarsi coinvolto in una rocambolesca missione di salvataggio/evasione che lo convincerà definitivamente ad aderire ai valori di un esercito ribelle il cui scopo è fronteggiare un impero privo di scrupoli.
Non basta? Allora vi introduciamo Balthier, un pirata dal grilletto facile che decide inizialmente di mettere la sua aereonave al servizio della Resistenza a patto gli venga garantita una lauta paga, ma che finisce sinceramente coinvolto nello scontro contro la tirannia che sta assorbendo ogni popolo; oppure Fran, sua seconda in comando e poderosa combattente dalle forme animalesche che ha abbandonato le sue origini silvestri per una vivere in piena libertà e la cui arma per eccellenza scaglia dardi letali; o ancora Bash, un ex-cavaliere di un regno caduto il cui scopo è assistere la principessa di turno e sconfiggere una nemesi – nonché campione delle truppe avversarie – nota per il suo sadismo e per la ferocia nel combattimento. Senza troppa malizia la mente corre a Han Solo, a Chewbacca e a Obi-Wan che su pellicola hanno ricoperto ruoli per nulla dissimili e che condividono tratti e storia con i campioni di Final Fantasy.
La principessa di cui abbiamo fatto menzione è Ashe, figlia di un sovrano il cui regno è stato schiacciato dal malvagio impero di Arcadia che, di fatto, ha eliminato la sua carica nobiliare per assorbirne i privilegi e acquisire potere illimitato. Mossa dal desiderio di giustizia e di vendetta nei confronti dei torti subiti, ella fonda la Resistenza di cui abbiamo discusso fino a ora, divenendone il capo morale ed effettivo. A rovinarle la vita ci pensa Gabaranth, un guerriero scelto noto col titolo di “giudice” che veste una spessa corazza nera come la pece adornata da un pesante mantello scuro e da un ingombrante elmo che protegge la sua identità.
Oltre ad essere un temibile spadaccino che porta terrore nei cuori dei ribelli, questo avversario è noto alla cronaca anche per il forte legame che condivide con uno degli eroi, legame che viene rivelato con un colpo di scena nel mezzo della vicenda. Parallelamente, il cacciatore di taglie Ba’Gamnan insegue senza tregua le tracce di Balthier nel tentativo di incassare la significativa taglia che pende sulla sua testa. Dopo diversi scontri, il mercenario viene definitivamente sconfitto, finendo col cadere in un gorgo di sabbie mobili che lo inghiottono nelle viscere della terra. Esplicitando i sospetti possiamo riconoscere la principessa Leila, l’oscuro Darth Vader e lo sfortunato Boba Fett che, coi loro profili, sembrano essere stati un’ispirazione significativa da cui Square Enix ha potuto attingere a piene mani.
Tutto questo, ovviamente, non svilisce l’impegno messo nel programmare il videogioco e la vicenda mostra tinte abbastanza diverse da salvarsi dall’accusa di voler completamente emulare il capolavoro in cellulosa, ma è comunque obbligatorio alzare un sopracciglio dubbioso e critico. Visto che i recenti titoli di Star Wars tendono a essere afflitti da una discutibile longevità, tuttavia, non disdegniamo l’idea che Final Fantasy XII sia, almeno spiritualmente, collegato alla celebre saga fantascientifica in modo che possa tenerci impegnati nella dura attesa del nuovo Star Wars: Battlefront. Per una migliore immersione suggeriamo di fare come Ewan McGregor e simulare i rumori delle spade laser farfugliando suoni durante le scene d’azione.
-Walter Ferri-