Mitologia giapponese e norrena più una spruzzata di epic fantasy e misticismo! Elisa Erriu sarà riuscita a soddisfare gli esigentissimi palati di Illyon?
Era del Sole, questo romanzo della scrittrice e disegnatrice cagliaritana Elisa Erriu, MarcoSerraTarantola Editore, è dichiaratamente il primo di una serie che, nelle intenzioni dell’autrice, dovrebbe dipanarsi in modo da darle la possibilità di mettere su carta tutto l’universo fantastico da lei immaginato. Esordio esplosivo, delusione o magari una via di mezzo?
Bene vs Male : 1X2
La vicenda prende avvio nella tranquilla cittadina di Estia, nella regione di Nepram, dove l’ignara umanità vive a stretto contatto con coloro che essa reputa come “eroi”, ovvero esseri umani (o elfi) che, in non meglio precisate guerre passate avrebbero contribuito a salvare il mondo dalla distruzione. Ciò che la cittadinanza non sa è che questi Eroi ospitano dentro di sé, o meglio, sono fusi indissolubilmente con l’essenza dei Kami e dei Nokra, esseri di statura divina che, come da tradizione orientale, sono al tempo stesso portatori di natura angelica e demoniaca insieme. I Kami incarnano i principi e gli aspetti fondamentali di cui è costituita la realtà: Spirito, Amore, Corpo e via discorrendo. I Nokra sono invece gli aspetti di cui è costituita la materia fisica, ovvero le forme nelle quali essa si plasma: Acqua, Fuoco, Vento, Luce, Oscurità, Fulmine. Questi aspetti restano sopiti e dormienti dentro i rispettivi “ospiti” umani. Gli eroi Daren, Shenel, Hilven, Ghaleon sembrano una versione fantasy della famigliola media felice, ma quando Ariom, Signora suprema dei Kami, si palesa vagante nella Foresta Blu con una spada piantata nel petto, tutte le interazioni e gli scontri tra questi aspetti basilari dell’esistenza torneranno a sconvolgere la vita dei nostri. Rivelando poco a poco un tragico ed epico passato, e proprio mentre Shenel stessa è in prossimità di dare alla luce una bambina di nome Daila che avrà, ovviamente, un ruolo fondamentale nella storia. Con un salto mortale, a questo punto, ci trasferiamo nella camera dell’autrice, ai giorni nostri e nella nostra realtà, per seguire la trama parallela della creazione del romanzo, non meno ricca di colpi di scena e di criticità rispetto alla trama fantastica.
Com’era l’Era?
Nel corso della mia ormai discretamente lunga esperienza di lettore, sono pochi i libri che mi hanno lasciato interdetto. Molti mi hanno emozionato, hanno impresso la loro essenza nelle mie catene di Dna, molti mi hanno annoiato, disgustato, fatto ridere, concesso il piacere di scoprire diversi livelli di lettura, e così via. Pochi mi hanno lasciato davanti alla tastiera con le mani intrecciate a riordinare le idee per disegnare un quadro complessivo, senza che riuscissi a prendere l’estremità di un’idea e a dipanarla in un ragionamento. Era del Sole è uno di quelli. In fondo, però, questo è un libro la cui chiave di lettura risiede nelle impressioni. Qualcosa che va al di là della parola scritta e che punta ad evocare (evocare, attenzione, non descrivere), dentro il lettore, immagini ed emozioni che risiedono in noi oltre i centri del linguaggio. Per cui, mi affido alle impressioni che via via mi ha suscitato questo libro per tentare di spiegare cosa ho scoperto tra le sue righe.
Il primo aspetto che colpisce è l’imponente e dettagliatissimo apparato mitologico creato dalla Erriu per ambientarvi il suo romanzo: ogni scrittore fantasy che si rispetti dovrebbe avere questo dono e, nonostante esistano a Nepram e a Somnòra (regioni fantastiche del romanzo) numerosi aspetti legati a varie mitologie terrestri, l’autrice riesce a reinterpretarli e a farli suoi in modo da costruire qualcosa di originale e convincente. I Kami, questi esseri divini che hanno la capacità di trasfigurarsi in qualunque forma desiderino, hanno i tratti degli Dèi della nostra classicità grecoromana: soffrono, amano, gioiscono, uccidono, si incazzano, si tradiscono come gli esseri umani, tuttavia lo fanno ad un livello, ad una pienezza superiore. Ma allo stesso tempo, a sottolineare l’amore della scrittrice per la mitologia giapponese, i Kami sono anche esseri divini nei quali coesistono aspetti angelici e demoniaci. Nella mitologia orientale questi due aspetti sono indissolubilmente legati e fanno parte di un unico essere: i Kami sono quello che sono. Senza il demone non potrebbe esistere l’angelo e viceversa, e di più, angelico e demoniaco sono diversi aspetti della stessa realtà superumana, come consueto nella cultura orientale. Ancora di più: angelico e demoniaco sono forzature necessarie a noi occidentali da sempre educati alla necessità di categorizzare tutto. In realtà queste due manifestazioni dell’essere sono talmente fuse da risultare un tutt’uno nei Kami di Elisa Erriu, segno del profondo rispetto della scrittrice per le mitologie orientali. Questo è sicuramente un aspetto che va a favore del romanzo: non deve essere stato facile caratterizzare un retroterra mitologico e culturale così dettagliato ed al tempo stesso così convincente.
D’altronde l’autrice ha moltissime frecce al suo arco letterario, si percepisce come sia assolutamente in grado di padroneggiare i suoi mezzi stilistici e come sappia scrivere, e scrivere bene. Lei stessa ne è consapevole, a volte perfino “troppo”. Alcuni passaggi del libro sono talmente delicati e lievi da poterli paragonare solamente a degli Haiku messi in prosa, la forma di poesia Giapponese nella quale, in sole tre strofe, si fissa la fuggevolezza di un attimo ed al tempo stesso la sua eternità nel continuo fluire delle cose. Alcuni altri passaggi, invece, scadono nel manierismo, come se l’autrice dovesse sempre dimostrare al lettore di essere in grado di affrontare la narrazione da prospettive inesplorate: questo causa a volte paradossalmente dialoghi stereotipati e descrizioni degli stati d’animo dei personaggi talmente dettagliati da risultare entomologia psicanalitica: i vari personaggi, per come sono strutturati, sono massimamente efficaci quando parlano con le loro azioni. Non è un caso che il romanzo dia il meglio di sé quando i personaggi agiscono: per esempio, si capisce immensamente di più del rapporto tra Lloykan e Daila da una pagina di duello all’arma bianca, che da dieci pagine di estenuanti dialoghi, mossette, bronci e ammiccamenti tra i due; nel primo caso, la narrazione è davvero potente.
La struttura narrativa presenta una particolarità davvero originale: a fianco della trama propriamente detta, la Erriu inserisce degli interludi dove lei stessa, in prima persona, racconta il percorso creativo, commenta i personaggi, li giudica e si giudica come autrice, una notte dopo l’altra, presentando questa seconda linea narrativa come un’avventura al pari della prima. E’ un’idea che ho trovato geniale e davvero molto originale, che arricchisce il romanzo di per sé e soprattutto dona uno spessore aggiuntivo alla trama principale. Senza contare che per una volta un lettore che non sia mai stato dall’altra parte della penna può davvero toccare con mano cosa muove uno scrittore, le sue ragioni, il bisogno di fissare sulla carta le sue intuizioni; ed anche quanto il processo creativo possa essere una storia di per sé. Peccato che, da circa un terzo del libro in poi, questa intuizione narrativa venga spenta da un colpo di scena – questo sì – già visto e poco originale, e che ci sottrae al piacere delle due trame parallele. Personalmente, avrei preferito continuare a leggere i due piani narrativi distinti e vedere quali sorprese avrebbe riservato questo interessantissimo esperimento letterario.
La delusione più grande è stata il finale del libro. E’ vero che si tratta del primo romanzo di una serie, ma per quanto mi sia sforzato non sono riuscito a trovare un filo logico, e neanche emotivo, che potesse giustificare un ribaltamento del genere. Quasi come se la scrittrice avesse dipanato la trama cercando di indirizzare tutto verso una direzione ben precisa, e poi avesse avuto fretta di concludere. Spiazzare il lettore ci sta, ma anche il depistaggio deve avere una coerenza di fondo. Forse il libro secondo potrà far recuperare quella coerenza che è andata persa proprio nel finale, ma certo l’impressione (parlando sempre in quella chiave) non è stata delle migliori.
In conclusione, un romanzo complessivamente ben scritto, criptico ed a volte quasi iniziatico, di non semplice interpretazione ma capace di regalare momenti di scrittura esaltante così come qualche momento di pessimismo e sconforto letterario. Esattamente come nello yin e nello yang, due aspetti opposti che finiscono per creare una qualche specie di armonia. Una lettura mistica e allegorica sui significati più profondi della Vita nella quale dobbiamo mettere da parte noi stessi e farci prendere dalla narrazione, senza preconcetti. Sicuramente, qualcosa vi dirà: a ciascuno, poi, l’ardua sentenza.
Lettering e Impaginazione
Premetto che la recensione è stata condotta sul formato ebook, quindi sospendo il giudizio sul formato cartaceo. Questo è nel complesso privo di errori di battitura, a parte gli occasionali refusi di incolonnamento e paragrafatura. Quasi nessun altro errore da riportare, non fosse per qualche reiterata imprecisione ( “infondo” è prima persona singolare del verbo infondere, non una locuzione avverbiale) non grave ma evitabile, soprattutto con un editore alle spalle.
La settimana prossima avremo modo di intervistare l’autrice di questo originale romanzo, per adesso vi lascio il link al quale è possibile trovare i canali per l’acquisto del libro.
– Luca Tersigni –