Dalla Genova dei cantautori ai madrigali medioevali e alla sostanza fantastica delle antiche leggende, con un violino come timone.
Andiamo alla scoperta dei frutti che genera il miglior cantautorato italiano, quando imbeve le sue radici nella GagliardaCorrente del fantasy e delle ballate medioevali.
Era la fine degli anni Settanta e un giovane bardo dalla chioma perfettamente sferica (Mi piace che mi grandini sul viso | la fitta sassaiola dell’ingiuria. | Mi agguanto solo per sentirmi vivo | al guscio della mia capigliatura. – Confessioni di un malandrino) iniziava a percorrere, archetto in spalla, le terre del mondo conosciuto.
Aria ascetica, sguardo ieratico ma saltellanti movenze da folletto: Angelo Branduardi incantava (ed incanta da quarant’anni, sebbene oggi per un pubblico di nicchia) con le sua Musa ribelle le Dodici Lune, La Rosa di Galilea, i Nani ed il loro denaro, la Sposa Perduta, addirittura la Morte, e questi per bocca sua cantano le proprie storie.saprò quello che ancora non so.”(L’apprendista stregone)
Menestrello del silenzio, ogni sua canzone è una lauda medioevale, che abbraccia la tradizione e la spoglia, inondandola di luce, dove gli archi danzano vorticosi:







































