Abbiamo visto in anteprima il film 47 Ronin, che uscirà nelle sale italiane il 13 marzo. Cosa vi aspetta? Vi diamo un accenno con questa recensione, spoiler free ovviamente!
Gli amici della Universal Pictures ci hanno invitato nella sede di Roma per mostrare a giornalisti e addetti stampa in anteprima uno dei prossimi film targati Universal in uscita nelle sale: 47 Ronin. Di questa pellicola, che vede come protagonista un onorevole (inteso come degno di onore, non come ladro e schifoso politico), ne avevamo già parlato in questo articolo, ma vedere il film ha di certo risposto ad ogni dubbio e fornito materiale utile per farne una recensione.
Non è mio interesse rovinarvi nulla del film, voglio tracciare però un segno di quello che è questa pellicola, di ciò che sa comunicare e di come è stata resa la trasposizione di una storia vera che diviene leggenda. La sceneggiatura si modella, appunto, su dei fatti realmente accaduti e su una storia che per il Giappone è colma di tanto orgoglio e onore, come il Bushido richiede.
Ed è intorno a questo tema, a questo codice di condotta, che si costruiscono scelte, anche forti, dei personaggi che si alternano nell’osservanza del rispetto e dell’onore, elementi imprescindibili per ogni guerriero che possa essere chiamato tale. Questo, per quanto sempre ammirevole e interessante, era già emerso in altri film precedenti sul periodo del Giappone feudale come “L’ultimo samurai” o “Zatoichi” (dite quello che volete, ma a me è piaciuto, visionario e videoludico) o tanti altri che spaziano nell’oriente di quel periodo storico. Ciò che c’è di nuovo in 47 Ronin è il lato fantasy che è stato innestato mettendo insieme fantasia e storia vera.
Il rivoluzionario lavoro di inserimento di elementi mitologici e fantastici nel film sulla storia originale è decisamente ben riuscito. Bestie con otto occhi, uomini giganti, stregoneria e dragoni costituiscono la cromia di un film che alterna momenti di quotidiana vita giapponese – tra spade, combattimenti e inchini – a presenze straordinarie e puramente fantasy, in quanto incrociano gli elementi della mitologia con archetipi del fantasy tradizionale. Ovviamente invece di un drago troverete una sorta di dragone, però non possiamo aspettarci che il caro Smaug appaia in tutti i film!
La computer grafica è una grandissima figata: le creature mostruose, i combattimenti, i poteri speciali dei guerrieri, e poi esplosioni, incantesimi e trasformazioni sono resi benissimo, senza inglobare tutto il film, ma creando elettrizzanti momenti di capolavori grafici.
La storia ne guadagna da questa apertura al fantastico, il quale però non osa invaderla o mutarla in alcun modo. Il cambiamento vero è rappresentato dalla figura di Kai – Keanu Reeves, un ragazzo dall’origine ignota che viene accolto dal daimyo della città di Ako come un figlio, più o meno. Lui rappresenta l’elemento di diversità, ed è schiacciato dalla rigida suddivisione sociale del Giappone Feudale. Questa figura si svelerà man mano nello sviluppo della storia, senza tuttavia, neanche in questo caso, creare forte stravolgimento nella vicenda originale. Le parentesi che riguardano il fantastico o alcune vicissitudine dell’abile ronin Kai sono posate, delicate quanto potenti, ma tese a far da contorno ad una storia di eroi veri, in cui il protagonista vive e combatte fianco a fianco con uomini che rappresentano sangue, morte e libertà che il cielo del Giappone ha davvero visto sotto i suoi occhi nel lontano 1700. L’attore che mi è piaciuto maggiormente è stato Hiroyuki Sanada, che abbiamo già visto in “L’ultimo Samurai” e nella serie televisiva dal finale enigmatico e da qualche piede con quattro immotivate dita, “Lost“. Sanada interpreta Kuranosuke Oishi, il capo dei 47 Ronin, e si destreggia alla grande tra combattimenti e un’espressività che dà realismo e rigore alla figura che interpreta. Lo stesso attore si è detto onorato di poter interpretare Oishi, uno dei suoi eroi sin da bambino.
L’innesto fantasy ci è piaciuto, la storia di Kai è molto bella, ma la sceneggiatura? Dovendo adattare il film ad una storia vera, tutto ciò che si poteva inserire di nuovo forse è rappresentato dagli elementi di cui ho già parlato sopra, ma anche mantenendosi fedeli all’evento originale si poteva creare di più. Ritengo fortemente che nel 2014 sia finito il tempo dei bipolarismi, dei buoni e dei cattivi, dei buoni vestiti di bianco e dei cattivi coi cavalli neri, delle principesse da salvare e degli eroi senza macchia e senza paura. Anche se il target può essere rappresentato dalla famiglia o dal ragazzino, è tempo di distruggere ogni elemento di prevedibilità dato da una struttura di film “già visto”, che azzera talvolta il fattore sorpresa. Sono tante le emozioni comunicate da questo film, ma avrei preferito un maggiore intreccio della storia e personaggi talvolta meno prevedibili, sempre nei limiti dell’evento storico a cui si rifà.
Per il resto, ambientazioni come l’Isola degli olandesi, la Foresta Tengu o ricostruzioni di castelli del periodo sono uniche e particolari, i costumi poi sono realizzati a dovere, dalle armature ai vestiti della principessa. Mika, questo il nome della figlia del daimyo di Ako, veste abiti bellissimi ed elaborati, che mi hanno ricordato più volte la principessa Padme di Star Wars, famosa per i suoi costumi complessi e le sue capigliature decisamente punk.
Ovviamente adesso aspettiamo anche un vostro parere sul film, quindi andate nelle sale il 13 marzo: 47 eroi, pronti a raccontare una storia di onore e sangue, vi attendono.
-Luca Scelza-