La Profezia Dimenticata è il primo libro di una nuova trilogia fantasy di una giovane scrittrice italiana: andiamo a scoprire di cosa si tratta!
Cari isolani, oggi vi portiamo ad esplorare non già una sola (e nuova) terra fantastica, bensì Quattro: benvenuti quindi in un Mondo dove coesistono le Quattro Terre, un luogo nel quale l’equilibrio esistente tra le forze in gioco risulta essere precario e in cui è lotta tra l’Arte Antica e le pratiche della Magia e dell’alchimia stesse, sullo sfondo di una antica profezia e di un talismano ad essa associato; accanto a chi desidera serbare una sostanziale pace v’è chi persegue il potere con ogni mezzo, accanto a chi lotta per la luce c’è chi si muove lungo zone inesplorate di grigio… e spesso le cose non sono come appaiono.
Debbo avvisare, anzitutto, che questa recensione è stata molto travagliata, da parte mia: non sapevo come affrontarla, dato le critiche possono dispiacere e non sempre le si riesce ad accettare.
Tuttavia, confidando nella maturità dei lettori e della scrittrice stessa che, giova dirlo, è persona in gamba considerando il suo curriculum (che vi presenteremo nel corso dell’intervista di prossima uscita), già mi cospargo il capo di cenere e mi appresto a esporre un giudizio (che come tale è perfettamente personale quindi opinabile) legato al mio gusto personale, da una parte, ed una verità nuda e cruda (questa, purtroppo, inopinabile), dall’altra.
Andiamo con ordine.
Sinossi del libro
Gli Antichi Avi sostenevano che il Mondo fosse sorretto da quattro forze, associate agli elementi tradizionali (Legno Acqua Aria e Fuoco), ragion per cui vennero nominati i Saggi che avrebbero dovuto sorvegliare sull’equilibrio esistente delle quattro terre assieme ai loro discendenti: intendendo preservare l’Equilibrio, i popoli scelsero di rinunciare ai poteri più particolari, che cessarono di manifestarsi se non nei loro più dotati nascituri, i Bambini Prodigio.
Tuttavia, una quinta forza sarebbe stata resa manifesta appena si fosse svelato il reale significato di una profezia associata ad un talismano: allorché l’attenzione rivolta a ciò divenne insostenibile, e le genti presero a dividersi e a battersi, un uomo solo, Gareth, che controllava il cosiddetto Mondo Parallelo, si fece avanti per prendere il potere e rivendicare per sé tanto il talismano (e la profezia) quanto la sua detentrice.
Si giunge così alla guerra tra l’AMP, l’Alleanza del Mondo Parallelo, retta dai superstiti dell’antica casta dei Saggi e l’Impalpabile, l’organizzazione figlia di tutte le organizzazioni malfamate e criminali, tramite la quale Gareth controllava nell’ombra il Mondo Parallelo, sorretta dai Maghi e dall’alchimia, entrambi alla ricerca della detentrice del talismano – anch’ella uno dei rari Bambini Prodigio: salvata dall’AMP al termine dello sterminio della popolazione a Mera, che vedrà anche la morte di sua madre, ella verrà accolta, educata ed istruita perché possa assolvere il proprio destino.
Commento
Buona parte della sinossi che avete letto in apertura è stata ricavata da quella ufficiale che accompagna il libro (si ricorda che nel frattempo è stato pubblicato anche il suo seguito, L’Ombra del Mondo – Il Doppio Pesce), nonché dal video-trailer presente sul canale di You-Tube della scrittrice e che potete gustarvi a questo indirizzo, in modo da poter approfondire il tema e magari avere con lei un contatto più diretto.
Tuttavia, c’è da rilevare che se quanto riportato può essere senza dubbio interessante sulla carta (in senso astratto), non lo è altrettanto sempre sulla carta (in senso reale/materiale). Si, sembra un’evidente sciocchezza, ma ci arriviamo subito.
La storia infatti non si sviluppa in modo particolarmente lineare e, dopo una breve introduzione che ci permette di apprendere alcune nozioni di base sul mondo e sulla sua storia, per il tramite degli occhi di uno dei Saggi, Morgan (uno di coloro che si avvicenderanno nella narrazione degli eventi con uno sguardo più personale), si viene catapultati in una serie di vicende che ci permettono di conoscere Gareth (che, in quanto “cattivo” della storia e rappresentante dell’Impalpabile, personalmente mi aspettavo più misterioso e meno palese nelle trame ordite con Hunter, il suo braccio destro), il già citato Hunter, in veste di sicario/scagnozzo in capo e sovente facente le funzioni di Gareth, nonché i fratelli della storia (Erwan, Matt e Tobia) e Dunvel, la detentrice del talismano. Ad essi si aggiungeranno numerosi altri personaggi, che andranno ad arricchire il già nutrito elenco.
Gli ultimi personaggi citati, in particolar modo, sovente offrono reazioni umane non sempre credibili e a tratti irrealistiche, perdendosi in riflessioni lunghe ed elaborate, nonostante la pericolosità delle situazioni in cui si trovano dovrebbero spingere a formulare pensieri veloci ed incisivi, oppure caotici e disordinati, magari spaventati o rabbiosi, ma in ogni caso realistici: che sia durante il tentativo di violenza sessuale della madre di Matt Tobia ed Erwan da parte di due scagnozzi dell’Impalpabile, o dopo la morte di entrambi i propri genitori, visto dal punto di vista dei tre fratelli, oppure vedere la propria madre venir uccisa brutalmente per salvarla, nel caso di Dunvel, i personaggi sembrano troppo impostati e non reagire come sarebbe credibile accadesse: una bambina di dodici anni piangerebbe, cercherebbe la fuga, scoppierebbe a piangere, si avventerebbe con le manine contro gli uomini rei di averle portato via tutto oppure farebbe un po’ di tutte queste cose, ma non si comporterebbe come viene, invece, mostrato; né, è lecito supporlo, che incontrando un perfetto sconosciuto per strada, ancora sconvolta per la brutalizzazione della propria vita e la morte della propria madre, si soffermerebbe a provare un senso di meraviglia ed ammirazione verso di costui riconoscendolo quale una delle persone, uno dei Saggi, di cui il padre le parlava.
Questi sono solo esempi, ma sono importanti: lo stesso avviene quando Dunvel viene introdotta nella stanza di Morgan per il suo primo colloquio: il Saggio in questa occasione intrattiene la bambina (che, si ricorda, ha dodici anni) con un monologo lunghissimo, colmo di obblighi, rivelazioni, compiti cui ella attenderà ed altre informazioni… senza che la bambina spiccichi un “ma”, oppure, come pur sarebbe servito a fini prettamente narrativi, se non altro, interrompendolo all’improvviso, con domande lecite o obiezioni magari campate in aria, data la giovanissima età, ma credibili. Di situazioni simili, peraltro, ce ne sono parecchie nel libro, che allontanano (almeno così è stato per me) il lettore dall’empatia verso questi personaggi, ai quali difficilmente si tende ad affezionarsi.
Le “reazioni umane” sono da sempre un elemento di interesse tanto nei film (quante volte abbiamo inveito al cinema dicendo “ma perché vi dividete? E’ palesemente una stupidata!”) quanto nei romanzi ed è importante che i personaggi si muovano, si comportino, parlino in maniera umana, magari semplice, ma credibile, realistica.
Fin qui, peraltro, giova ricordare che siamo ancora nel campo dell’opinione personale, e quindi si può notare o meno queste cose oppure, pur notandole, ritenerle degne di nota oppure no.
E’ una semplice questione di gusti.
Ciò che invece costituisce, purtroppo, la verità di cui si accennava più in alto, è data dai numerosissimi errori presenti nel romanzo, da quelli più veniali e trascurabili, legati alla formattazione del testo e all’impaginazione, di parole magari spezzate in modo non corretto quando si va a capo, a quelli più gravi, come la sintassi, la coniugazione dei verbi o l’uso improprio di “potere/avere/essere”, con frequenti strafalcioni tra “avrebbe/sarebbe”.
Non voglio riportare frasi su frasi, ma le ho ovviamente evidenziate e me ne sono annotate una buona parte, almeno finché mi ha accompagnato la pazienza di farlo, dato che non ho desiderio di appesantire la recensione: ovviamente, sono sempre pronto ad elencarle, ove servisse.
Molte frasi, inoltre, sono troppo brevi e rendono frammentaria la fluidità del periodo, risultando così una consequenzialità di periodi non sempre perfettamente legati e rendendo a tratti la narrazione quasi un semplice elenco di pensieri, ricordi o cose.
Le regole grammaticali e la sintassi, purtroppo, non possono venire ignorate, e queste cose sono vitali per non rendere ostica la lettura: a poco giova cercare virtuosismi con taluni termini, se poi il resto diviene pesante o lascia pensare ad un’opera non ben curata.
Ed è un peccato, perché la trama promette d’essere comunque abbastanza interessante e diversa dal solito fin dalle prime battute, affidate al già citato Morgan e, più avanti, ai pensieri o ricordi di altri personaggi: le contaminazioni nel fantasy ideato da Valeria Sacco sono parecchie e ci sono situazioni che richiamano Il Signore degli Anelli, Le Cronache del Mondo Emerso, Eragon e diversi altri esempi.
Detto questo, ciò che provoca un reale senso di rabbia non è nulla che riguardi la giovane Valeria Sacco che ha, anzi, coronato un sogno che tanti condividono (e alla quale posso solo augurare, da futuro papà che sono, tanto successo per proseguire lungo la strada che ha iniziato), ma è correlato a tutto ciò che c’è attorno al mondo dell’editoria (special modo per i giovani autori) attinente nel caso di specie ai recensori, ai giornalisti e a chi avrebbe dovuto operare una correzione e revisione incisive dell’opera prima della Sacco che, teoricamente, dovrebbe costituire un biglietto da visita per l’ingresso in questo mondo.
Ora, per quanto si sia consapevoli che non manchino casi eclatanti di chi riesce ad avere successo scrivendo male e narrando, in buona sostanza, il nulla più assoluto per diversi libri – l’Italia è un Paese che non sa davvero più cosa sia la cultura- dispiace immensamente che nessuna delle persone sopra citate abbia fatto presente alla scrittrice gli evidenti limiti della sua opera perché, se sui gusti personali non si può mai sindacare (un genere letterario può piacere o meno, così come un racconto può catturare o meno l’attenzione), del pari sulle regole grammaticali, sintattiche e narrative non si può glissare, ragion per cui è con vivo senso di sgomento che ho letto recensioni formulate da parte di chi è palese il libro non l’abbia nemmeno aperto (o, altrimenti, non conosca l’italiano, delle due l’una) e ha giudicato l’opera, ora in veste di blogger, ora di giornalista, ora in veste di semplice lettore, “troppo perfetta per riuscire a prendermi” (e questa affermazione forse, a voler essere buoni, potrebbe riferirsi a quanto ho scritto, ossia sulle reazioni umane troppo preimpostate, a tratti), “[…]non è un libro da prendere alla leggera, offre una lettura interessante e complessa”, “[…] Scritto in modo fluido e originale” (su Amazon da parte di un lettore) e “Scritto bene ed in modo originale, accattivante.” (sul sito della Feltrinelli). Glisso anche sul resto dei commenti e opinioni positive che si trovano in rete che possono sì, a piene mani, premiare l’impegno, la volontà ed il desiderio di portare il fantasy fuori da certi schemi, ma non possono tacere certi problemi riscontrati in modo palese nel romanzo.
Voglio precisare e rimarcare che non vuole essere una recensione offensiva verso nessuna persona, men che mai verso la scrittrice: solo, non ha senso indorare la pillola per compiacere chi, si vede benissimo, ha un sacco di idee dalla sua, voglia di metterle su carta infilzandovi i propri “daimonoi“, come si diceva dei poeti nell’Antica Grecia, dicendole una cosa per l’altra, perché mentire non aiuta a crescere e confido – noi tutti di Isola Illyon confidiamo – che le critiche costruttive facciano crescere (noi ne siamo fautori, essendo particolarmente critici e duri verso noi stessi in primis).
Anzi, fossi la scrittrice, io per primo mi arrabbierei con chi non ha saputo consigliarmi per il meglio, perché si sa che nella prima opera che qualunque scrittore in erba sogna che diventi il proprio più grande successo di sempre, si riversano speranze, sogni e tutto ciò che si ha nella propria mente rispetto alla storia stessa, forse svelando fin troppo: diciamocelo, non si riesce a non voler trasmettere l’entusiasmo per le storie, i personaggi e tutto ciò che, avendolo creato, amiamo alla follia.
Concludendo: ho fatto molta fatica a concludere il libro per i problemi sopra enunciati.
Ho trovato interessante ed originale l’idea alla base e,se potrò, mi cimenterò volentieri col secondo libro, così da verificare se si sono applicati dei correttivi e La Profezia Dimenticata si sia trattato di una breve parentesi. Ad maiora!
– Leo d’Amato –