Continuiamo insieme il viaggio sul diritto d’autore per offrire ai nostri lettori (e scrittori in erba) tutti i mezzi per conservare i propri diritti!
Sono molti i lettori di Isola Illyon che, con il boom che ha avuto e l’affiatamento che genera la letteratura fantasy, aspirano a diventare scrittori di successo o per loro fortuna, lo sono già! Questa settimana ho deciso quindi di condividere con voi alcune parti di una ricerca fatta sul diritto d’autore, per scoprire insieme quali sono le armi a difesa di uno scrittore nel caso in cui si veda violate le proprie prerogative o copiato il proprio lavoro. Tenetevi forte, si comincia.
Brevi cenni storici
Lo sviluppo del diritto d’autore si è avuto solo dal XVII secolo con l’avvento dell’illuminismo e, quindi, relativamente di recente. In origine la posizione di gran parte delle religioni monoteiste era avversa ad accordare al singolo la capacità di “creare”, atto possibile solo alla divinità e motivo per cui il diritto d’autore ha impiegato secoli per una piena affermazione.
“Scientia donum Dei est, unde vendi non potest” (La scienza è un dono di Dio, quindi non è possibile venderla), recitavano i teologi medievali, identificando la vendita di un opera, sempre appartenente a Dio, come un peccato (di simonia). Quanto detto è confermato anche dall’alto livello di analfabetizzazione che ha contraddistinto i secoli passati e che evitava un reale problema di trasmissione del sapere o di tutela, tanto morale quanto economica, di chi lo produceva.
In questa fase storica si assiste al riconoscimento sia del c.d. corpus mechanicum, ovvero il contenitore dell’idea o del sapere trasmesso (libro, pergamene, manoscritti), sia del corpus mysthicum, il vero contenuto ideologico e creativo dell’opera. Distinzione esplicativa del concetto storico dell’opera di un autore e che consentiva, al dotto uomo medievale, di assicurarsi – attraverso la vendita del solo “corpus mechanicum” – compensi elevati senza la pretesa di riconoscersi come autore “spirituale” dell’elaborato.
Come accennavamo, il diritto d’autore ha continuato ad avere difficoltà ad affermarsi, anche dopo l’avvento della stampa di Gutenberg nel 1450: la serializzazione dei testi impose però ai regnanti europei di affrontare il problema di come controllare la produzione delle opere intellettuali in costante aumento.
Vennero accordati in questo modo i c.d. privilegi che, simili a delle concessioni statali in monopolio, attribuivano ad uno stampatore la facoltà di produrre in un dato territorio, facoltà che i regnanti si preoccupavano di poter sempre revocare. Esempi riportati dalla manualistica sono l’esclusiva data dalla Repubblica di Venezia a Johann Speyer nel 1469 o al c.d. King’s Printer in Inghilterra.
Ulteriori tasselli essenziali per ricostruire la formazione dell’istituto de quo sono certamente: il Secondo trattato sul governo di John Locke del 1690, che afferma per la prima volta il diritto di proprietà di un individuo sui frutti del proprio lavoro e, più recentemente, le teorie di Victor Hugo sulla necessità, da parte di ogni società civilizzata, di tutelare i propri autori. La nascita della borghesia determina, in sintesi, la diffusione esponenziale della cultura ed il commercio di quei beni come libri od opere d’arte, i cui autori richiedono sempre più tutela e protezione.
Disciplina e riferimenti normativi
Una definizione onnicomprensiva di diritto d’autore non è ad oggi rinvenibile in un dettato legislativo – a causa della forte capacità di adattamento all’evolversi dei costumi e della tecnologia che caratterizza questo peculiare diritto soggettivo – ed è, per questo motivo, da ricavarsi con l’interpretazione che dottrina e giurisprudenza danno delle norme a nostra disposizione.
La disciplina del diritto d’autore è rinvenibile tanto sul piano nazionale, quanto su quelli, primigeni, internazionale e comunitario.
Punto di riferimento in materia nazionale è la legge 22 aprile 1941, n. 633 (più avanti l.d.a.) recante Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, che, senza definirlo, rinnova nel nostro ordinamento le protezioni al diritto d’autore (già era previsto da una norma del 1925). Sul piano internazionale fanno da garanti agli autori: la Convenzione di Berna del 1886, con tutte le successive modifiche, e la Convenzione universale sul diritto d’autore firmata a Ginevra nel 1952 tra i paesi che non avevano aderito alla prima.
Come individuare le opere tutelabili in ragione delle norme appena indicate? La disciplina italiana che attua i vari principi internazionali e costituzionali in materia, accorda tutela specifica solo alle opere che rispondono a determinate caratteristiche:
1) Creatività: altrimenti identificabile nella originalità, la creatività quale connotato intrinseco costituisce mezzo d’acquisto a titolo originario di un’opera, non essendoci altre formalità prescritte per l’acquisto di tale diritto soggettivo. Alla “creazione” segue l’attribuzione di diritti sia patrimoniali, sia morali.
2) Novità: la novità abbraccia un profilo controverso dell’opera d’autore. Si dibatte sul modo di intendersi di questo carattere, se in senso soggettivo, dando prevalenza alla sola creatività dell’autore anche a scapito di precedenti presumibilmente sconosciuti, oppure in senso oggettivo, dando quindi rilievo ad un criterio cronologico di tutela all’opera che per prima abbia innovato il mondo della cultura e dell’arte. Esemplificativo a riguardo l’accusa di plagio che Albano Carrisi promosse nei confronti di Michael Jackson in merito alla canzone “Will You Be There” che, secondo la parte attrice, avrebbe violato un suo precedente testo (I cigni di Balaka). La giurisprudenza dette infatti inizialmente rilievo ad un criterio oggettivo, condannando Jackson ad una multa.
3) Estrinsecazione dell’opera: è necessario che l’opera sia trasposta, o quantomeno trasmessa, in forma orale o su un supporto fisico che ne attesti la presenza sul piano reale. Non è quindi tutelata l’astratta ideazione di un’opera (ne altrimenti sarebbe facile riconoscerla).
4) Appartenere all’arte o alla cultura: il diritto d’autore attribuisce ad un soggetto (singolo o in comunione) la possibilità di tutelare “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.”
Ulteriore corollario per la comprensione del diritto d’autore è la sua distinzione in un due profili, uno morale e uno patrimoniale, poiché entrambi sono sottoposti a regimi giuridici diversi. Senza dilungarci eccessivamente, è sufficiente precisare che il diritto patrimoniale d’autore è un diritto che riguarda l’utilizzazione economica dell’opera stessa e dei proventi da essa ricavabili; è un diritto disponibile e quindi cedibile a qualsiasi titolo dall’originario autore; il diritto morale, viceversa, mira a tutelare la personalità e la paternità di un soggetto rispetto all’opera, oltre ad una serie di importanti prerogative; è inalienabile, irrinunciabile, indisponibile ed imprescrittibile. Nulli sarebbero quindi i patti volti a limitare questo diritto. Dal novero delle potestà attribuite al diritto morale discende anche il diritto di ritiro dell’opera dal commercio, che è il cuore del nostro articolo.
Prerogative degli autori e diritto di pentimento
Identificata l’opera tutelabile con la legge sul diritto d’autore, dobbiamo affrontare il tema delle prerogative riconosciute agli autori. Le azioni dell’autore a difesa della sua opera riconoscono al singolo – portatore di un interesse specifico – persino una potestà interruttiva dei diritti acquisiti da altri. Ma andiamo con ordine.
In primo luogo è bene ricordare la facoltà degli autori, compresa nel diritto morale d’autore, di rivendicare la paternità dell’opera, in qualunque modo essa sia utilizzata successivamente rispetto alla creazione, costituendo questo un diritto indisponibile e, pertanto, inalienabile. L’ipotesi più frequente è quella in cui si rivendica la paternità dell’opera nei confronti di un coautore, che si sia attribuito la produzione in esclusiva. L’autore inoltre, sempre che non abbia ceduto i diritto patrimoniali, ha la facoltà esclusiva di pubblicare l’opera ed utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. Sono presenti però delle eccezioni.
Il Capo V della l.d.a. accorda una serie di restrizioni al diritto d’autore per finalità costituzionalmente tutelate: infatti, ad esempio, l’art. 70 consente, a certe condizioni, di fruire delle opere musicali e riprodurle senza una preventiva autorizzazione dell’autore o del detentore dei diritti patrimoniali.
La più incisiva potestà dell’autore, nonostante l’eventuale cessione dei diritti patrimoniali sull’opera da lui creata, è prevista dal codice civile del 1942 all’art. 2582, dove si prevede un generale diritto di pentimento o diritto di revoca dell’opera dal commercio: “L’autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di ritirare l’opera dal commercio, salvo l’obbligo d’indennizzare coloro che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o mettere in commercio l’opera medesima. Questo diritto è personale e intrasmissibile”.
Le gravi ragioni morali devono necessariamente essere intese in senso ampio, potendovisi ricomprendere motivazioni di tipo etico, religioso, politico o altro. Si ritiene, inoltre, che l’autore possa limitare la sua richiesta di ritiro solo ad alcune forme di utilizzazione e quindi anche nei confronti delle opere derivate da quella dell’autore stesso.
La legge speciale sul diritto d’autore, considerato anche il medesimo periodo di emanazione, all’art. 142, comma 1, fa quasi un copia-incolla del 2582 c.c., ma specifica, nei commi successivi, le azioni che l’autore ha l’onere di eseguire al fine di avvalersi del diritto concesso: ”Agli effetti dell’esercizio di questo diritto l’autore deve notificare il suo intendimento alle persone alle quali ha ceduto i diritti ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale dà pubblica notizia dell’intendimento medesimo nelle forme stabilite dal regolamento. Entro il termine di un anno a decorrere dall’ultima data delle notifiche e pubblicazioni, gli interessati possono ricorrere all’autorità giudiziaria per opporsi all’esercizio della pretesa dell’autore o per ottenere la liquidazione ed il risarcimento del danno.”
L’autorità giudiziaria, anche secondo l’art. 143 l.d.a., ha dunque l’ultima parola sulla sussistenza delle gravi ragioni morali che consentono all’autore di imporre il ritiro dell’opera dal commercio e che si assume non possano essere meramente discrezionali. L’indennizzo, determinato a favore di coloro ai quali è stato revocato il diritto di utilizzare la canzone, se non versato determina la cessazione dell’efficacia della sentenza che inibiva l’utilizzo dell’opera.
Confronto con le nuove tecnologie
Recensite videogiochi o recitate poesie che poi pubblicate su Iutub? Il nostro amico dello streaming sfrutta le migliori tecnologie disponibili sul mercato per verificare che i contenuti non violino il vostro diritto d’autore. Tra le tecnologie messe a punto dalla controllata di Google, c’è quello definito Content ID, con il quale gli autori hanno la possibilità di archiviare i propri lavori per garantirsi una tutela anticipata da eventuali violazioni del loro diritto. Ogni successivo upload sui server di YouTube viene confrontato con i video già presenti in archivio e, in caso di corrispondenza, gli viene automaticamente applicata la disciplina scelta dall’autore originario, tra cui il blocco integrale della nuova pubblicazione o la monetizzazione a proprio favore dei proventi ottenuti dalla riproduzione dell’opera. Il sistema ha indubbie potenzialità, ma i rilievi giuridici che possono essere sollevati sono altrettanto importanti per la possibilità che ha, in questo caso Google, di garantirsi una fonte inesauribile di “creatività”, utilizzata spesso, con profili regolamentari generici o, peggio ancora, oscuri.
Sintesi e conclusioni
La disciplina sul diritto d’autore è tanto complessa quanto affascinante, perché richiede un continuo sforzo per bilanciare interessi non sempre coincidenti (autore, cessionari dei diritti, terzi a vario titolo). La sua origine è, come abbiamo visto, da ricercare senza limiti territoriali o storici, perché il bisogno, o se si vuole la semplice volontà, di “creare” così come quello di “fruire” in senso economico o culturale sono insiti in ogni società. Fiumi di inchiostro sono stati spesi in materia e molto altro ci sarebbe da dire sull’argomento, ma rimandiamo il tutto a futuri approfondimenti.
Intanto per eventuali domande o richieste potete scrivermi cliccando sull’immagine della posta qui in basso o commentando questo articolo.
– Alessio Giaquinto –