Mille anni fa, la superstizione e la spada dominavano la Terra. Era il tempo delle tenebre, era il tempo della paura, era il tempo dei Gargoyles!
Ah, gli anni ’90… quando sei bambino, l’unica cosa che conta è il piazzarsi follemente ai videogames, la full immersion in qualche serie tv/cartone animato e il cazzeggio con gli amichetti del cuore. Ok, va bene, non è praticamente cambiato niente rispetto ad allora!
È innegabile come alcuni ricordi si fissino a fuoco nella memoria personale più di altri, marchio indelebile delle nostre esperienze passate. Ti formano, in primis, e successivamente ti accompagneranno sempre nella tua vita di misero ma grande, grandissimo individuo. Insomma, se è vero che siamo ciò che mangiamo, allora siamo anche ciò che vediamo, o (video)giochiamo. Dove voglio arrivare?
Il cartone animato di cui parliamo oggi è uno di questi ricordi, ad “impatto forte”, uno di quelli che quando ci ripensi da adulto (mica tanto adulto — lunga vita al mio spirito di Peter Pan!) cadi su una specie di nuvola ovattata e inizi a vagare con la mente, rievocando cose che nemmeno pensavi fosse possibile ricordare. E la pelle d’oca ti assale.
Di che sto parlando? Ma di “Gargoyles – Il Risveglio degli Eroi”, naturalmente!
Il cartone, prodotto dalla Disney, fu trasmesso tra il 1996 e il 1999 all’interno del mai compianto abbastanza Solletico, il programma per i piccoli presentato dal mitico Mauro Serio e che rappresentava IL BENE, vero araldo di una televisione che non c’è più, oasi ancora incontaminata dalle cazzate dei nostri tempi. Gargoyles ebbe un successo clamoroso, tanto da meritarsi, oltre a un paio di stagioni animate, un sequel a fumetti e un omonimo capitolo videoludico, in stile Beat’em Up, per Sega Megadrive. Di quei tempi già la sola attesa della sigla iniziale era fonte di multiformi eccitazioni infantili.
Beccatevela un po’!
Sfruttando l’onda di popolarità data dal famosissimo Highlander, Gargoyles ne riprende, almeno in parte, le scene; sì, perché i nostri eroi vengono nientepopodimenoche dalla Scozia dell’anno 994: alleati degli umani, coinvolti in un complotto ordito dallo stronzissimo mago, (che con molta fantasia gli autori chiamarono Magus…), le pucciosissime creature alate subiscono la maledizione di restare intrappolate nella pietra fino a quando il loro castello non si troverà sopra le nubi. Ovviamente, nell’epoca moderna, il miliardario folle Xanatos, vero Briatore della serie, come ogni eccentrico riccastro che si rispetti, fa trasportare l’intero castello (avete capito bene), smontato e rimontato pezzo per pezzo manco fosse fatto di lego, sulla cima del suo grattacielo di Manhattan che, caso strano, è talmente alto da andare “sopra le nubi”.
Inutile dirvi che le gargolle si risveglieranno pensando “WTF?” e che il loro primo impatto con la New York moderna sarà a metà strada tra come siamo rimasti tutti alla fine del Red Wedding di Game of Thrones e le espressioni di Osvaldo Paniccia (R.I.P., maestro).
La serie era prevalentemente focalizzata sul presente, ma l’intrecciarsi dei due piani temporali, grazie alle numerose digressioni verso l’epoca medievale, apportava alla serie la componente fantasy che noi amiamo tutti: cosa succederebbe se elementi quali tomi arcani, la magia ed il soprannaturale in generale e in tutte le salse venissero introdotti nel nostro mondo? Il gruppo guidato da Golia si troverà così a doversi districare tra gli inganni irrisolti del passato, le manipolazioni ordite da quel genio del male di Xanatos e, ovviamente, il dilemma apportato dal nascondersi o dal farsi accettare definitivamente dagli esseri umani. Componente base di ogni episodio, da contratto: l’esplosione di un elicottero/distruzione di un palazzo/trasporto verso dimensioni oniriche (leggi Avalon), combattimenti all’ultimo sangue dove, ricordiamolo, non veniva versata una goccia di sangue, insomma, bimbadabumbumbum non si faceva mai male nessuno e tutto si risolveva a tarallucci e vino. Il cartone preferito da Michael Bay aveva, nella cavernosa voce-pensiero di Golia (perfetto in tal caso il suo doppiatore, Alessandro Rossi), e nel rapporto di amicizia tra il “nido” di Manhattan e l’affascinante poliziotta Elisa Maza, (perché deve pur esserci una D.I.D. – Donzella in Difficoltà, cit. Hercules), la summa filosofica dell’intera serie, data dal messaggio di integrazione razziale già citato in precedenza. Le paure, i dubbi, le insicurezze di un leader, il desiderio di dissipare lo scetticismo collettivo dei newyorkesi rendevano Golia e i Gargoyles da lui guidati, un gruppo di Creature di Frankenstein dotate di granitiche ali, aventi come unico desiderio quello di vivere una vita serena all’interno di una comunità che, di fatto, non avevano scelto. Il binomio uomo/mostro fregiava di toni cupi e riflessivi la serie, conferendole una maturità che all’epoca rappresentava la consuetudine: Batman, i Biker Mice da Marte, Nadia – Il Mistero Della Pietra Azzurra, solo per citarne alcuni, e non è per fare retorica, erano cartoni cazzuti e portatori di idee e di ideali. Mezzi di intrattenimento sì, ma capaci di farti pensare, di farti crescere e di lasciarti un qualcosa dentro. Un qualcosa che, purtroppo, in quello che rifilano attualmente è stato ormai sostituito da un velo di idilliaca e rincoglionita lobotomia. Non vi invidio proprio, bambini del terzo millennio. Salutatemi tanto Ben 10, salutatemi tanto Peppa Pig. Io me ne torno a planare sulle ali della mia immaginazione.
– Mario Venezia –