Non si è ancora spenta l’eco della notizia bomba planata nell’ambiente ruolistico nostrano il 21 marzo appena trascorso: sostanzialmente si tratta di un annuncio fin troppo atteso da parte dei giocatori italiani e del quale di conseguenza si erano un po’ perse le speranze, ossia la localizzazione nella nostra lingua nientemeno che di D&D Quinta Edizione – o Next che dir si voglia. Del gioco se ne è parlato in tutte le salse (l’abbiamo fatto anche noi di Isola Illyon, ovviamente) per due annetti buoni a partire dall’esordio, e l’interesse sulla questione stava effettivamente scemando a livello globale, in modo proporzionalmente inverso alla rassegnazione di chi attendeva uno straccio di localizzazione professionale nella propria lingua madre. Dunque gli addetti al marketing della Gale Force Nine (o meglio, della Battlefront Group, casa madre del marchio che produce materiale ruolistico di supporto alla corazzata di mamma Wizards), società in capo alla quale rimarranno tutte le localizzazioni planetarie, sono stati dei gran furbacchioni: come da noi riportato la settimana scorsa, GFN collaborerà per la versione italiana con Asterion/Asmodee, quindi vedrà coinvolti i nomi di Massimo Bianchini e Luca Cattini (attualmente manager di Asmodee Italia, ma non nuovo a pubblicazioni dei prodotti a marchio D&D). A quanto pare, non si tratterà di una localizzazione “esplorativa”, bensì di una convinta operazione commerciale, come traspare dalle parole del CEO di Battlefront John-Paul Brisigotti, che ha promesso tanto per cominciare la traduzione in italiano dei tre Manuali base, dei set introduttivi, delle carte incantesimo e degli schermi (riservandosi probabilmente la valutazione sui moduli campagna in seguito a un primo feedback del mercato nostrano).
E qui casca l’asino, o meglio il leucrotta. Cosa può aver indotto un’azienda come la GFN a intraprendere con così grande decisione questa operazione (e la Wizards ad avallarla) dopo un periodo di due anni dall’uscita dell’edizione, nel quale i pezzi grossi di Seattle (a precisa domanda) avevano un range di risposte che andavano dall’ammettere candidamente che una localizzazione non fosse (ancora) nei loro piani a dei democristiani “Mah… non sappiamo… forse… vedremo”? E che possibile scenario apre la localizzazione italiana nel panorama ruolistico nazionale?
Dobbiamo tenere conto che la Quinta Edizione del GdR più celebre del globo è caratterizzata dall’essere indirizzata a un pubblico molto eterogeneo, in controtendenza con la concorrenza, che tende invece a sfornare prodotti sempre più rivolti a ben precisi segmenti di mercato. Se da un lato il gioco vuole sedurre quella cospicua fetta di ruolisti competenti e appassionati che rimpiangevano la filosofia delle origini e chiedevano un deciso ritorno a un approccio di gioco più interpretativo e “libero” (in discontinuità con la perfezione formale ma un filo troppo “algida” della 3.5), dall’altro strizza pesantemente l’occhio, in virtù di un sistema decisamente snello, a un pubblico neofita oppure coinvolto superficialmente e di età anagrafica giovane (come ammesso da Wizards stessa).
Ora, esaurito il bacino di utenza (anche internazionale) del pubblico appassionato con il materiale in lingua inglese, molto probabilmente si vuole andare a testare la risposta dei neofiti anche all’estero. Ovviamente, come è possibile riscontrare dal dibattito che la notizia ha suscitato in giro per la rete (anche sui nostri canali, notoriamente frequentati da un pubblico decisamente competente), la presa della localizzazione sui “vecchi” giocatori sarà molto labile. Si tratta di un pubblico che conosce bene i meccanismi del brand, lo frequenta da parecchio, e spesso è tranquillamente in grado di giocare la versione inglese come giocherebbe quella italiana (e, anzi, a volte apprezza di più l’intrinseca capacità di sintesi della lingua di Albione). Appartenendo a questo segmento di mercato io stesso, come molti nostri lettori, mi chiedo chi me lo faccia fare di comprare sostanzialmente un “doppione” della versione inglese, considerati anche i costi non indifferenti. Forse converrebbe solo a qualcuno con velleità di collezionismo, e basta.
Al contrario, però, devo anche ammettere che la localizzazione sia indispensabile per andare a esplorare il segmento neofita di madrelingua italiana. È una cosa che tocco con mano presso l’Associazione ludica di cui faccio parte: l’inglese è tuttora un grande scoglio per ruolisti esordienti ma entusiasti, spesso in età adolescenziale, che avrebbero molto volentieri testato le loro capacità di Master e giocatori sulla Quinta Edizione.
Alcuni sostengono l’approccio: “non c’è bisogno di una localizzazione, sarebbe ora che noi italiani imparassimo l’inglese” (e, di conseguenza, “chi non dovesse saperlo stia fuori da D&D”). A parte che personalmente trovo questo darwinismo ruolistico un po’ snob e antipatico, di sicuro non siamo oggi noi a scoprire l’atavica impreparazione nelle lingue estere degli italiani. È però anche vero che l’inglese di un GdR è alquanto tecnico e mediamente più ostico di quello scolastico. È come se si chiedesse a un neopatentato di mettersi ai comandi di una Formula Uno e concludere un giro veloce. Iperboli a parte, butto lì una piccola provocazione: provate a chiedere a un laureato o un diplomato in lingue estraneo a D&D di tradurre “Hit Dice”, e vediamo cosa salta fuori.
Se questa localizzazione dovesse riuscire a permettere anche a una piccola quota di persone, scoraggiate dalla lingua, di prendere confidenza col fantastico mondo di D&D e del GdR in generale, non vedo perché non dovrebbe essere una buona cosa per l’ambiente. E sicuramente avremmo una percezione più nitida del coefficiente di coinvolgimento presso le nuove leve di D&D 5.0 in Italia, al netto della difficoltà linguistica.
Voi, cosa ne pensate?
–Luca Tersigni–
[amazon_link asins=’1613773498,0786965606,B00TLRT3YC’ template=’ProductCarousel’ store=’isolilly-21′ marketplace=’IT’ link_id=’f2e5aefc-1621-11e7-bafb-8fed95bde9be’]