Le mille e una notte è una di quelle opere che nessuno può affermare di non aver mai sentito nominare, ma che pochi effettivamente hanno avuto occasione di leggere (e, ancor meno, di farlo in versione integrale).
Nonostante il mondo arabo abbia riservato – e riservi ancora oggi – un interesse quantomeno marginale alla raccolta di racconti, favole, e novelle provenienti da tutto il medio ed estremo oriente, innumerevoli sono le influenze che le travagliate vicende coniugali di Scheherazade e del sasanide Shahryar hanno esercitato sulla cultura, sulla narrativa, e sull’universo ludico occidentale. Da Geoffry Chaucher a Ludovico Ariosto, da Edgar Allan Poe a Howard Phillips Lovecraft, dalla Disney alla Wizard of the Coast, non si contano gli autori e i creativi debitori nei confronti dell’opera, responsabile di aver creato, pressoché singolarmente, buona parte di quello che a tutt’oggi rappresenta l’immaginario fantastico riferito al contesto arabo-persiano, con i suoi vari archetipi e figure leggendarie (tra ghoul, jinn, e tappeti volanti) ricorrenti in buona parte della letteratura e della ludica di genere fantasy.
Non si può dunque fare a meno di apprezzare l’omaggio reso da Sergio Toppi con Sharaz-De – Le mille e una notte, serie pubblicata per la prima volta nel 1979 sulle pagine della rivista “Alter alter”, ristampata in volume unico nel 1984 da Milano Libri, e più recentemente nel 2016, a quattro anni dalla scomparsa dell’autore, da Nicola Pesce Editore, all’interno della collana a lui dedicata. Proprio su quest’ultimo siamo riusciti a mettere le mani noi dell’Isola, e dobbiamo confessarvi di avere a che fare con una lettura, se non obbligatoria, quantomeno fortemente consigliata a tutti gli amanti dell’esotismo e delle atmosfere oniriche.
La raccolta, racchiusa e impreziosita da una stupenda copertina rigida (naturalmente, sempre di Toppi), è comprensiva di una dettagliata introduzione di Matteo Stefanelli (docente, saggista, critico) e di un’intervista all’autore risalente al 2010. L’opera si articola in undici episodi, uno di introduzione e dieci racconti brevi e autoconclusivi selezionati a partire dal corpus de Le mille e una notte, dai quali Toppi prende ispirazione (e alcune libertà) per riconsegnarci una serie di tavole magistralmente illustrate.
La vicenda narrata è universalmente nota: il potente re Shahryar, dopo aver appreso del tradimento della moglie, reagisce in maniera leggermente esagerata, trovandosi cioè una nuova partner ogni notte, che provvede quindi a condannare a morte al sorgere del sole. Questo fino all’arrivo di Sharaz-De, che con la propria abilità di narratrice riesce a catturare di notte in notte l’attenzione del sovrano e a guadagnarsi, un racconto post-coitale alla volta, il diritto a mantenere la testa sul collo per altre ventiquattro ore.
Qui si nota la prima differenza introdotta dal fumettista rispetto all’originale. La versione tradizionale de Le mille e una notte prevede infatti un utilizzo intensivo della tecnica del cliffhanger, o finale in sospeso, con Scheherazade che si assicura la propria sopravvivenza interrompendo sempre la storia che sta raccontando sul più bello. La Sharaz-De di Toppi, invece, risulta rigorosamente autoconclusiva: il suo volto, con un mezzo sorriso carico di allusioni, campeggia sempre in apertura e conclusione degli episodi narrati, a sottolineare la propria sicurezza, nonostante la condanna a morte pendente sulla sua testa, nel desiderio di Sharyar, e dei lettori di ritornare sempre per scoprire una nuova storia.
Altra notevole differenza rispetto all’originale è la struttura lineare anziché stratificata: Le mille e una notte rappresenta nella letteratura uno dei principali esempi del meccanismo del racconto nel racconto, ovvero di quei casi in cui la narrazione della vicenda principale si interrompe per permettere a un personaggio di iniziarne una secondaria. Complice anche la struttura fumettistica e la necessità di incasellare ogni racconto all’interno di un preciso numero di pagine, ciò viene a mancare, salvo un paio di occasioni decisamente limitate.
Trattandosi di uno dei maggiori illustratori della storia fumettistica italiana e mondiale, chiaramente il pregio dell’opera non risiede nelle storie in sé (la cui qualità, d’altro canto, oscilla tra il brillante e il banale) quanto nella capacità di Toppi di illustrare su carta ciò che viene narrato. Il tono delle tavole (principalmente in bianco e nero, a colori in un paio di storie) è intenzionalmente sconnesso e onirico: l’obiettivo, peraltro centrato in pieno, è quello di cogliere, più che il fluire degli eventi, la forza dell’emozione stimolata da quanto narrato. Le desolazioni surreali dei luoghi remoti si associano al grottesco di demoni e spiriti, e all’erotico nelle scene di intimità, il tutto, come ci fa notare anche lo Stefanelli in introduzione, in funzione del racconto, evitando abilmente sconfinamenti indesiderati e non necessari nei tradizionali cliché dell’esotismo arabico, tra donne maliarde e visir machiavellici da film della Disney.
Un’opera di notevole qualità e di tutto rispetto, quindi, non adatta probabilmente al consumatore occasionale, ma che di certo sapranno apprezzare, oltreché gli estimatori di Sergio Toppi, tanto gli amanti del fumetto di autore quanto coloro che non dovessero risultare immuni a quel fascino post-romantico che a tutt’oggi il mondo mediorientale continua a esercitare.
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–Federico Brajda–
Sharaz-De – Le mille e una notte: la recensione del fumetto
Federico Brajda
- Disegni di qualità eccezionale;
- La ristampa è in un volume unico curato e pregiato, con un ottimo rapporto qualità-prezzo;
- Diversi racconti non mancheranno di catturare l’attenzione del lettore;
- I puristi potrebbero non accettare le libertà che l'autore si prende verso l’opera originale;
- La forte destrutturazione dell’ordine delle vignette talvolta rende difficile seguire la narrazione;