Da qualche anno è tornato alla ribalta l’intaglio thailandese, antica arte di plasmare la frutta nata nel 1300. Cuochi e artisti di tutto il mondo si sono cimentati con angurie e zucche (e non solo), armati di stiletto thai, per dare alla frutta forme di vario tipo, da piante esotiche a fiori e animali. In Italia il fruit carving sta prendendo lentamente piede, e tra i gli intagliatori più abili ce n’è uno che è andato decisamente controcorrente, mescolando sapientemente la passione per la frutta intagliata con quella dei… mostri. Abbiamo dunque incontrato Valeriano Fatica, molisano classe ’88, per farci spiegare i misteri di questo bizzarro connubio.
Ciao Valeriano, come hai scoperto il fruit carving?
Ciao ragazzi! Il fruit carving l’ho scoperto su Internet, guardando un video di un signore che intagliava dei fiori su una anguria; 2 anni dopo ci ho provato anch’io, solo perché ho iniziato a lavorare nel mio ristorante di famiglia.
Hai appreso da solo la tecnica ho hai avuto dei maestri?
Ho preso spunto da quel video, ma posso dire che ho fatto tutto da solo, anche perché dopo circa un anno ho capito che l’intaglio thai mi stava “stretto”, e ho iniziato a sperimentare sulla frutta in generale, cercando di ricreare le forme e la profondità che ho appreso con anni e anni di disegno e scultura tradizionale.
Maestro potrei definire mio padre Edmondo Fatica, anche lui un artista, giusto con qualche anno in più di esperienza (ride, ndr) e che tutt’ora non smette di correggermi.
Quanto impegno ti ci vuole per realizzare un’opera? La metti prima su carta e poi “su frutta”, oppure riesci già a ‘visualizzare’ il soggetto in un’anguria?
Dipende da molti fattori, ultimamente la media di lavoro è sulle 16-20 ore. Di solito cerco di fare prima qualche bozzetto preparatorio, ma sempre in base alla forma della frutta. Ad esempio la tartaruga non l’avrei mai potuta realizzare in quel modo se non avessi trovato un’anguria con quella forma. Da quest’anno mi sono ripromesso che dovrò superare quest’ostacolo del trovare il frutto perfetto e adattarmi, e che dovrà essere il frutto ad adattarsi a me, come ho dimostrato con il ‘Night King’ di Game of Thrones.
Se non ci si impegna, non si va da nessuna parte, il talento non basta.
La maturità del frutto che lavori è importante per la scultura che intendi realizzare?
Abbastanza ma, come ho già detto, da quest’anno sarà la frutta ad adattarsi e piegarsi al mio volere, o almeno spero.
Ma si campa con questo lavoro?
No, anche se io vivo in Molise, quindi non faccio testo, visto le opportunità che offre la mia regione, praticamente pari a zero.
Vi faccio un esempio: di solito quando si fa qualcosa di eccezionale, le prime persone che ne parlano sono quelle che vivono nella tua zona. Ecco, a me è successo l’esatto contrario, e solo dopo che sono stato notato in giro per il mondo si è mosso qualcosa anche in Italia, con delle interviste su quotidiani nazionali e, infine, su quelli locali.
Un altro esempio? Nonostante abbia contattato gli organizzatori dello stand del Molise per l’Expo di Milano, non ho ricevuto nemmeno una risposta in merito alla possibilità di parteciparvi, accorgendomi però come le altre regioni avessero garantito un piccolo spazio a degli intagliatori di frutta “più convenzionali”.
Pensate che mio padre negli anni ’50 è dovuto scappare di casa e dal Molise per vivere sotto i ponti di Roma e cercare di coronare il suo sogno di fare l’artista. Io sono più fortunato perché ho dalla mia Internet, quindi anche vivendo in una regione che non mi offre niente comunque riesco a ricevere delle proposte dall’estero.
È piuttosto bizzarro che in Italia, patria di santi, poeti e sognatori, un’arte apprezzata in tutto il mondo non sia così di largo richiamo, anche se ormai dovremmo essere abituati a situazioni del genere. Fortunatamente ci sono ancora artisti talmente appassionati del loro lavoro da investire energie (e denaro!) per inseguire un sogno, spesso acchiappandolo: auguriamo a Valeriano ogni fortuna, con la speranza di averlo presto di nuovo sulle nostre pagine.
– Fabrizio Palmieri –