È sempre abbastanza complicato affrontare un discorso che riguardi un nuovo gioco di ruolo. I fattori che bisogna prendere in considerazione per una valutazione sono vari, cominciando dall’idea iniziale degli sviluppatori arrivando al prodotto finito, passando per il tema trattato, le ispirazioni, e concludendo col sistema nel suo complesso. Parlare de “Le Cronache di Populon“, GdR nato da poco (è stato ufficialmente presentato allo scorso Play di Modena) non è facile, sia chiaro, dato che si tratta più di un’ambientazione che di un sistema. Cosa significa? Continuate a leggere e lo scoprirete.
VIVI IL SOFFIO DEL DRAGO
Populon venne creata da cinque draghi fratelli: Eoyu, al quale andò il dominio della magia grezza e distruttiva del vento, del gelo e del fulmine, Myiorning, al quale andò il dominio della magia dell’acqua e delle illusioni, Oros, al quale andò il dominio sulla vita e sulla guarigione quanto sulla morte e sulla decomposizione, e Glamodir, al quale andò la magia della memoria, della pietra e del fuoco. L’ultimo fratello, Morte, ereditò la capacità di chiudere il ciclo e cominciarne uno nuovo. Oltre a Populon, ogni drago generò razze differenti, in riflesso ai propri domini. Gli umani, unica razza generatasi in maniera indipendente, sperimentarono la tecnologia, fallendo, e attualmente sono considerati degli esseri inferiori, quasi peggio delle Ombre, creature maledette dal drago e destinate a non appartenere a nessuno, senza magia né obiettivi. Ma le cose stanno cambiando…
Leggendo Le Cronache di Populon si ha come l’impressione di entrare in un mondo quasi vivo, più di quello di molte altre ambientazioni: un universo vario, pieno di grossi misteri ancora da svelare ma, allo stesso tempo, senza quella malignità e quella maliziosità che siamo ormai troppo abituati a vedere. Non siamo di fronte ad gioco di ruolo originalissimo, anzi, esso mantiene inalterati molti degli elementi che ogni Narratore vissuto è arrivato a sfruttare anche per la sua campagna. C’è un tributo, forse neanche così necessario, ai Drow di Dungeon & Dragons, immancabile base per ogni ruolista, c’è un uso corretto e limitato della tecnologia post medievale e, lo ammetto, c’è un’interessante storia sulla non-morte e i fiori che mi ha ricordato vagamente Landover di Shannara. Oltre a ciò, ci sono riferimenti a tutte le culture e gli ambienti, cominciando con gli Abyssian (una razza che prende spunto dai pesci delle profondità) e terminando con i Troll. Questi sono molto più vicini al folklore di quanto non siano rappresentati in altri giochi di ruolo, un risultato ottenibile solo con un’attenta ricerca.
Il Manuale fornisce ogni genere di informazione, partendo con una panoramica sul Mondo, continuando con le Razze giocabili (non ci sono classi) e concludendo con un’analisi forse troppo introspettiva su una regione in particolare, l’Iskendur, alla quale viene data molta importanza. Proprio questa scelta stilistica l’ho trovata inspiegabile: vale la pena rimanere vaghi e punteggiare 9000 anni di storia di Populon con quattro o cinque eventi, per poi prolungarsi così accuratamente su una sola regione? Non mi fraintendete, però: il lavoro svolto qui è magistrale, capace di mettere nelle mani del Narratore un ottimo luogo di partenza per qualunque avventura.
Parlando del sistema vero e proprio, ci troviamo di fronte ad un esempio di semplicità e immediatezza. Tutto si basa sul dado a sei facce (il numero sei ha un ruolo importante anche nella narrazione, ma non vi anticipo nulla) e su prove contrapposte, alle quali vanno sommati modificatori e quant’altro. In questo modo si favoriscono molto delle rapidissime sessioni singole, sebbene per assaporare il gioco a pieno trovo sia comunque ideale intraprendere una campagna più lunga. La customizzazione del nostro personaggio è libera, e il fatto che non ci siano classi permette al giocatore di scegliere abilità senza che vengano imposte specifiche limitazioni.
In merito alla realizzazione tecnica, il manuale si presenta ottimamente, con una copertina flessibile e illustrazioni a colori ben fatte, capaci di far trasparire a pieno il carattere stesso dell’ambientazione. Ogni sezione (introduzione, lato tecnico e lato narrativo) è incorniciata da un colore differente che riprende, a sua volta, quello dei draghi fondatori, particolare che ho trovato piacevole. L’utilizzo della palette dei colori è ben studiato, sebbene, in alcuni punti, forse leggermente sporcato dai segni di struttura.
L’unico elemento che mi sento di criticare davvero è stata la mancanza di un editing più curato: immergersi in una lettura con errori, ritorni a capo sbagliati, frasi spezzate e simili può risultare assai fastidioso. Mi auguro che questi problemi vengano sistemati con un’eventuale nuova ristampa (che non dovrebbe tardare, considerando che al Play di Modena erano in vendita solo 150 copie del Manuale).
E voi avete provato Populon? Come vi è sembrato? Scriveteci le vostre impressioni qua sotto!
– Yari Montorsi –
Le Cronache di Populon – Recensione
Yari Montorsi
- Sistema immediato e piacevolissimo;
- Ambientazione caratteristica e razze interessanti;
- Ottima realizzazione grafica;
- Si presenta più come un'ambientazione che come un sistema...
- ... ma si focalizza forse troppo su una zona particolare;
- Alcuni potrebbero trovare invadenti i cameo o le citazioni;
- Qualche magagna al livello di editing;