Non è di certo la prima volta che l’accento, anche nella produzione videoludica, cade su questioni etiche di indiscutibile interesse e importanza. Crescere in un quartiere di Detroit, dove l’unica via di fuga dalla realtà violenta della strada e dai pregiudizi legati al colore della pelle è rappresentata proprio dai videogames, è ciò che ha portato Daniel Wilkins e Neil Jones, due ragazzi afroamericani cresciuti proprio in un quartiere della città del Michigan, a fondare la piccola casa di produzione Dead Art Games. Lo scopo? Quello di sviluppare “Clique”, un titolo basato sulla loro esperienza di vita difficile, la stessa che riflette intere generazioni di giovani che si vedono emarginati per la differenza del colore della propria pelle (a prescindere da quale sia). La storia del gioco stesso è legata in un certo senso a questa discriminazione: in un’intervista sull’intenzione del gioco, Wilkins spiega “Penso che spesso gli afroamericani vengano esclusi da alcune esperienze in base al colore della propria pelle. Nei videogiochi, lo stereotipo del nero è sempre quello del gangster violento, del criminale. Il nostro scopo era creare un personaggio che si sentisse alienato dai gruppi attorno a lui, mentre prova a dimostrare agli altri che lui è assolutamente diverso dall’etichetta che gli è stata affibbiata”.
Il gioco, che a meno di una settimana dal termine del crowdfunding ha superato gli 11.000 dollari (al fronte dei 35.000 fissati come obiettivo), è bipartito: nella prima parte si interpreta una sorta di alieno (rappresentato da un’ombra nera) che dovrà affrontare la propria diversità e confrontarsi con tutti i PNG, che ovviamente partiranno con un forte pregiudizio nei suoi confronti, il tutto a tema fantasy. Lo scopo sarà proprio quello di abbattere questo stereotipo attraverso puzzle, minigiochi, interazioni con altri personaggi ed immancabili combattimenti con i “Boss”, percorrendo un altro passo sulla strada dell’integrazione, almeno virtualmente! La seconda parte del gioco è dedicata invece a Zhora, una teenager di colore alla quale il fratello regala il gioco: una sezione sicuramente più legata alla sfera emotiva nella quale gli autori hanno voluto, in pratica, condensare l’esperienza difficile della propria infanzia, vissuta con una certa alienazione rispetto alla società. “Per quanto sia possibile, voglio contrastare lo stereotipo degli afroamericani, come quello di vari personaggi in giochi come GTA o della rapstar in Dead Island” aggiunge Jones. “Voglio presentare i personaggi sotto una luce migliore, attraverso diversi tipi di gioco, cosicché la gente capisca che ci sono modi migliori per mostrare la nostra cultura e quella degli afroamericani in generale”.
Da quanto è possibile leggere sulla pagina Kickstarter di Clique, il gioco è piuttosto complesso per essere frutto di un lavoro di un team così piccolo, e le possibilità di sviluppo ovviamente crescerebbero proporzionalmente ai fondi raccolti. Se il videogame vi entusiasma o vi sentite vicini al progetto, avete ancora qualche giorno per partecipare, ovviamente, a prescindere dal colore dei vostri calzini!
– Antonio Sansone –