In quanti hanno desiderato di poter evocare un demone e scatenarlo contro i propri nemici? Usarlo per vendicarsi dei prof, dirgli di lanciare fuori dal finestrino l’idiota con la musica alta in treno, fargli incenerire Jar Jar Binks. Insomma, sfruttarlo per il bene comune.
Vi siete mai chiesti come sarebbe effettivamente il mondo se fosse possibile? Cosa ne penserebbe il demone? In che modo un potere del genere, pari anche a quello di un mostro biblico, potrebbe cambiare tutto?
Forse sì, forse no, c’è chi l’ha fatto e, nel farlo, ha deciso di scriverci una trilogia. Jonathan Stroud, di Bedford (Inghilterra), come altri suoi colleghi ha pensato di cimentarsi nell’impresa di creare un mondo fantasy moderno, ambientarci una storia e far sì che un paio dei suoi protagonisti cominciassero come appena dodicenni con la sua “Trilogia di Bartimeus”. E già qui a molti suonerà un campanello di allarme: dopo Harry Potter è difficile immaginare che qualcuno sia stato in grado di creare libri allo stesso livello, ma lasciate che vi spieghi qualcosa in più prima di decidere che non valga la pena considerarli.
Partiamo dai punti in comune col mago della Rowling: primo, anche qui sarà in Inghilterra che verranno decisi i destini del mondo. Secondo: esistono i maghi. Terzo: qualche personaggio inizia la sua storia molto giovane. Fine. Vediamo cosa c’è di diverso. In molti libri non viene spiegato da dove provenga il potere degli incantatori, qui invece lo scopriamo fin dalle prime pagine: sta nella conoscenza. Un mago passerà molto tempo da allievo, dove gli verrà insegnato tutto ciò che sia necessario sapere sull’evocazione dei demoni. L’importanza di conoscere il nome giusto, come usarlo, quali siano gli errori più comuni, e una valanga di altre cose. Sopratutto la prima lezione sarà “I demoni sono molto malvagi, se possono ti faranno del male”. Più che altro, se possono, ti uccideranno per liberarsi, e non gli si può neanche dare tutti i torti. Pensateci, voi siete a casa vostra e venite costretti da una forza a cui siete obbligati a sottostare a comparire in un altro mondo. Davanti a voi c’è una formica, la sua vita vale meno di un secondo della vostra, potreste schiacciarla con un battito di ciglia. E invece dovete ubbidirle, combattere vostri simili, proteggerla, rischiare punizioni e umiliazioni e passare del tempo in un modo dove anche solo metterci piede vi causa dolore per colpa delle diverse leggi fisiche. In più, la formica sarà convinta di essere migliore di voi e delle altre formiche, di avere scopi più nobili e importanti, che il suo formicaio sia il più bello di sempre, quando voi sapete per esperienza che alla fine tutto si ridurrà a poche parole in un libro ed un cumulo di macerie per turisti-formica. Fastidioso, vero? L’inutilità della vostra sofferenza – oltre il danno la beffa. Forse è per questo che Stroud ha deciso che uno dei suoi protagonisti dovesse essere un demone, e che dovesse essere lui a dare il nome alla saga, Bartimeus. Non solo: lui, al contrario degli altri due personaggi principali, ci parlerà in prima persona, rivolgendosi direttamente ai lettori con domande e commenti sarcastici. Convinto che non basti, si diletterà in note a piè di pagina dove poter essere più preciso e caustico di quanto non sia normalmente, con ottimi risultati. Ricordatevi solo che in questo caso Barty starà parlando di persone, come noi, verso cui non sarà troppo gentile. Sopratutto perché, malgrado sia un demone discretamente potente e antico, non è più maturo di quei fastidiosissimi Imp che troviamo all’inizio di molte campagne. Quelli che resistono a fin troppi danni, che diventano invisibili, si prendono gioco di noi, avete presente di chi sto parlando, no? Ora immaginatevi un demone vero che si comporta più o meno nello stesso modo: ecco a voi Bartimeus. Non sono tutti così i demoni qui, non è raro infatti che il suo “stile” infastidisca i suoi simili, che malgrado la loro schiavitù sembra amino prendersi più sul serio del collega.
Ovviamente se con noi ci sarà uno spirito, significa che avremo a che fare con il suo padrone. Sarà un terribile, crudele mago con una lunga tunica? Il protagonista bambino di cui avevo parlato dovrà combattere contro di lui? Più o meno, ma più meno che più: il capo di Bartimeus è, infatti, il ragazzino appena dodicenne, secondo protagonista. Il maghetto in questione sta a questa trilogia come Harry sta alla sua saga: sarà sopratutto la sua vita quella che vedremo in queste pagine, sarà lui la persona di cui leggeremo successi e fallimenti, sconfitte e vittorie, e la sua storia comincerà nell’istante in cui evocherà per la prima volta Bartimeus.
Prima di parlare di lui vorrei dare qualche informazione in più sul ruolo dei maghi. Tanto per cominciare sono loro che comandano, e tutto il potere politico è nelle loro mani. Beh, nelle mani di quelli londinesi. Qui è l’Impero Britannico a controllare tutto, che si estende su parte dell’Europa – Italia compresa giusto per la cronaca –, India, un pezzo d’Africa e mantiene il dominio delle colonie Americane. È logico, se ci pensate. C’è stato un momento nella storia, piuttosto lungo, in cui il Regno Unito era al comando. Se in quel momento in Inghilterra ci fossero stati anche dei maghi sarebbe stato molto stupido e poco patriottico da parte loro lasciare che l’Impero si sgretolasse, no? E una volta raggiunti i vertici della catena di comando, ovviamente, avrebbero fatto di tutto per restare lì, a costo di mentire a chi la magia non la conosceva, convincersi di essere migliori della gente comune, e sfruttare propaganda e informazione a proprio favore per controllare gli strati bassi. Per quel che riguarda quelli alti invece, gli altri maghi, gli altri politici, si sarebbero dovuti affidare ai cari, vecchi giochi di potere e corruzione. La politica è sempre politica.
Siamo in un mondo dove Londra è il fulcro del potere, i maghi sono abituati ad essere cittadini di un livello superiore e a comandare con metodi non sempre condivisibili. In poche parole, è come se per la maggior parte fossero i Serpeverde più convinti a controllare tutto. E noi leggiamo di uno di loro. Uno particolarmente talentuoso e ambizioso, John Mandrake. Non sarà qualcuno di speciale convinto che gli spiriti debbano essere lasciati in pace o le persone comuni meritino un trattamento migliore. Lo incontreremo la prima volta nei panni di un bambino ingenuo deciso a vendicarsi della scortesia di un suo collega, nulla di particolarmente nobile. Vedremo la scalata al potere che lo farà diventare un giovane, arrogante mago, salvo poi cambiare di nuovo prima della fine. L’allineamento che più gli si avvicina, almeno nell’ultimo libro, è forse Legale Malvagio a pensarci bene, eppure non potremo non amarlo.
Quindi per ora abbiamo un mago “cattivo” e un demone menefreghista. Ci manca ancora l’esponente di una fazione, quella dei comuni, quello che a rigor di logica dovrebbe fare la parte di Robin Hood e proteggere i deboli. C’è chi ci prova: esiste a Londra un gruppo di ribelli, La Resistenza, e il terzo protagonista ne fa parte, Kitty Jones. Ha la stessa età di Mandrake, ed è l’archetipo dell’eroe dei giusti. Ma davvero sarebbe possibile per un gruppo mal assemblato di ragazzi rovesciare un potere che da secoli controlla il mondo? Ovviamente no. E Kitty dovrà scendere a patti con questa triste realtà, smettendo di vivere nelle favole dove sono i buoni a vincere e imparare a vedere il mondo per quello che è. Questo ovviamente non significa che si arrenderà.
Abbastanza interessante come premessa, spero. Un mondo caotico e corrotto, nessun eroe scelto dal destino, personaggi che sono sia buoni, sia cattivi, forti e fragili, e molto più complessi del previsto, senza scadere in noiosi stereotipi, il tutto condito da una buona dose di sarcasmo e realismo. Perché, diciamoci la verità, il fatto che esista la magia non significa che si modifichi la natura umana e divida il bianco dal nero. Spesso nella vita si finisce con il dover scegliere il male minore e non il bene assoluto, no? È un universo diverso da ciò a cui ci aveva abituati la Rowling, su questo non ci sono dubbi, ma cosa ne pensate? Siete disposti a cambiare prospettiva e dargli una possibilità?
– Caterina Gastaldi –
La Trilogia di Bartimeus: un altro maghetto inglese
Caterina Gastaldi
- Poter vedere con gli occhi di uno spirito immortale è fantastico!
- Un mondo fantasy ragionato, logico ed avvincente.
- La scrittura è scorrevole e non diventa mai pesante.
- I diversi punti di vista sono sfruttati in modo magistrale per presentare al meglio la realtà in cui ci si trova.
- Il sarcasmo e l'ironia permeano ogni pagina dei libri.
- Protagonisti di tutto rispetto.
- La traduzione a volte lascia a desiderare.
- Il linguaggio in alcuni casi diventa troppo infantile.
È soddisfacente poter leggere qualcosa scritto da qualcuno convito che “è magia” non valga come spiegazione, anche se ci troviamo in un mondo fantasy. Malgrado il pubblico giovane a cui è diretta questa trilogia, è evidente il rispetto per i lettori che vengono considerati in grado di comprendere una realtà complessa ed elaborata dove bene e male non sono divisi da una linea netta, ma fusi in ambigue sfumature. I diversi protagonisti vengono sfruttati abilmente per spiegare tutte le sfaccettature di un mondo che rimane coerente in ogni momento, senza scadere nella banalità. I personaggi sono complessi e ben articolati, pieni di dubbi e paure, e cresceranno in modo imprevedibile durante la saga, rimanendo però sempre coerenti. Oltre a questo, la trilogia ha il grande pregio di avere libri autoconclusivi, ma non fini a se stessi e in ogni pagina troveremo domande che non avranno necessariamente una risposta, almeno non subito, così da non essere frustranti, ma riuscendo a mantenere vivo il desiderio di voler andare avanti. Fino alla fine.