Disclaimer: puoi leggere questa intervista anche in lingua inglese, qui.
L’ospite d’onore di oggi, Bruce Heard, non ha bisogno di presentazioni. Autore e game designer dai tempi d’oro di D&D BECMI (Base, Expert, Companion, Master e Immortals, la prima versione tradotta in Italiano), a lui si deve lo sviluppo dell’ambientazione di Mystara, della serie Voyages of the Princess Ark e dell’ambiziosa Rules Cyclopedia. Recentemente ha lanciato l’eccellente Calidar: In Stranger Skies, primo volume della sua nuovissima ambientazione. Siamo deliziati di avere l’opportunità di intervistare Bruce in esclusiva per voi, lettori di Isola Illyon.
Raccontaci la tua storia: come sei diventato Lead Designer e Product Manager delle linee BECMI e Mystara, e cosa hai fatto dopo il fallimento della TSR?
Dopo aver lavorato come traduttore in francese dei moduli Base ed Expert, passai ad amministrare le acquisizioni dei freelance per la Divisione Giochi. Questo comportava selezionare ed assumere scrittori esterni per progettare prodotti che non potevano essere gestiti in azienda. D&D Base ed Expert non erano molto benvoluti dai designer della TSR, almeno inizialmente. Il personale interno allora era più interessato a lavorare su progetti per AD&D, dove si concentrava l’attenzione del pubblico. Pertanto, gli incarichi rimasti divennero una mia responsabilità. Subbugli politici provocarono la partenza di Gary Gygax e Frank Mentzer dalla TSR. L’ultima persona rimasta coinvolta nel BECMI ero io. In breve tempo diventai il “manager di default” del prodotto. Poiché l’attività mi riusciva bene, in seguito la posizione diventò ufficiale.
La TSR era molto generosa e fiduciosa nel suo staff creativo, tanto da permettere loro di accettare incarichi freelance in aggiunta al normale carico di lavoro. Per quasi tutti la cosa funzionò piuttosto bene, fortunatamente. Questa opzione fu concessa anche a me e così ebbi modo di creare vari prodotti BECMI, incluso il famoso ATL3 “I Principati di Glantri”. Similmente, il periodico aziendale “Dragon Magazine” cercava attivamente contributi interni, che venivano ben retribuiti (le loro tariffe trent‘anni fa erano alte quanto quelle offerte oggi dalle riviste specializzate nel gaming, se non di più). Questo mi diede l’opportunità di sviluppare la serie “Voyages of the Princess Ark”, molto popolare tra i lettori della rivista.
Quando la fiamma della TSR venne soffocata, lavorai per differenti aziende estranee all’industria del gioco. La mia attenzione era focalizzata altrove e, onestamente, la vita era alquanto triste. Giocavo pochissimo e non scrivevo, fino a quando Janet, la mia fidanzata, non mi forzò a tornare all’arte. Mi sentivo terribilmente arrugginito, ma perseverai. Riuscii a produrre una breve storia che fu pubblicata in un’antologia, staccando quella greve crosta di incurante inerzia creativa accumulata negli anni (“una piccola storia per un libricino, una gigantesca saga per Bruce!”). Janet ed io decidemmo di provare a scrivere romanzi insieme. Ne terminammo due, che sono stati messi in naftalina fino a quando riusciremo a pubblicarli per conto nostro. A questo punto decisi di tornare alle origini: prima Mystara e poi, alla faccia della rigidità mentale della WotC, Calidar.
Come veniva sviluppato un Atlante di Mystara e quanto eri coinvolto nella creazione di quelli non scritti da te?
Volevo degli accessori che approfondissero i vari reami del Mondo Conosciuto. Prima di venire in TSR, giocavo con gli amici una campagna ambientata a Greyhawk. Secondo me D&D andava giocato in un mondo fantasy. Il BECMI ce l’aveva, ma non era sviluppato oltre ai pochi paragrafi dell’Expert Set. La decisione fu logica. Definii i parametri del nuovo progetto, che diventò ATL1 “Il Granducato di Karameikos” e mandai il contratto ad Aaron Allston, che fece un grande lavoro. Quando lo revisionai fui molto soddisfatto. Mi attivai subito ad assegnare I progetti successivi, invitando grandi nomi come Ken Rolston, Steve Perrin e Jim Bambra, che produssero lavori eccellenti. Aaron divenne un collaboratore importante, con titoli come “The Hollow World”, “Wrath of the Immortals” e la “Rules Cyclopedia”, tanto per citarne alcuni.
Il mio ruolo era pianificare le pubblicazioni annuali e discuterle con la dirigenza, negoziare le componenti con i manager del marketing e col dipartimento acquisti (poiché non eravamo in possesso di impianti di stampa, tutto veniva appaltato a fornitori esterni e i costi erano una grossa preoccupazione), negoziare tariffe e scadenze con i freelance (ma alcune venivano imposte dalla dirigenza), fornire loro parametri di lavoro dettagliati (stile generale, direzione, contenuti, più qualche tema specifico che volevo venisse sviluppato), revisionare i loro manoscritti e richiedere correzioni/aggiornamenti, supervisionare i direttori dei progetti interni (o freelance), aiutare i reparti produttivi a completare i design delle pagine, acquisire mappe ed arte, spegnere incendi, controllare il più possibile prime bozze, linee guida, prove di stampa e prove colore (parliamo di vent‘anni fa e la tecnologia era alquanto differente da quella a cui molti di voi sono abituati), controllare le vendite e, infine, contribuire alla pubblicità, ad altre copie promozionali per cataloghi di vendita e cose del genere. Alla TSR c’era molta competizione tra i vari team creativi per accaparrarsi determinati artisti. La comunicazione era importante per assicurarsi che cartografi, illustratori e autori di copertine sapessero cosa fare, e questo era spesso compito mio.
Eri il coordinatore del progetto “Rules Cyclopedia” (1991), considerato da molti come il miglior “GDR completo in un solo libro” di sempre. Puoi condividere qualche ricordo sulla produzione di quel capolavoro?
Yaaaaaargh!
Onestamente, quello fu un incarico folle. Ebbi la fortuna di poterlo assegnare alle persone giuste: Aaron Allston a completare la prima stesura e lo sviluppo e Steve Schend come direttore aziendale del progetto. Entrambi lavorarono meravigliosamente bene. John Pickens, redattore dello staff con conoscenze enciclopediche delle meccaniche di gioco e su come assemblare un solido manuale, si rese disponibile ad aiutare Steven in questo colossale cimento. Dori Hein aiutava a mantenere il progetto nei tempi. Io mi ricordo (vagamente) impegnato a rivedere il lavoro di tutti e a cercare insieme ai grafici di infilare un po’ di colore in un libro completamente stipato di testo. Nella mia mente ora è tutto indistinto. Dovetti parlare con i nostri reparti produzione e acquisti per copiare le vecchie prove colore delle “Trail Maps” e riprodurne sezioni dentro il libro, stile atlante, cosa mai tentata prima. La produzione riuscì piuttosto bene, senza grossi problemi, e penso sia stupefacente tenuto conto delle proporzioni e della complessità della “Rules Cyclopedia”. Credo che abbiamo lanciato un 20 naturale e ucciso quel drago con un colpo solo. La sfida più grande fu prima, quando dovetti convincere la dirigenza a produrre un manuale di regole da 300 pagine. Mi guardarono come se avessi tre occhi. Ricevetti anche una visita dal Vice Presidente del Dipartimento Finanze per verificare che sapessi cosa stavo facendo e se fossi certo che avrebbe venduto. Nemmeno AD&D, il bambino d’oro della TSR, aveva un volume così corposo, a quei tempi. Si comportò molto bene, come qualsiasi fan del BECMI avrebbe potuto prevedere. Ancora oggi è uno degli oggetti preferiti dai collezionisti, incassando fino a 150,00 € al pezzo nelle aste. Credo che la “RC” sia unica anche al giorno d’oggi, per l’entità di ciò che fornisce ai suoi possessori e avrebbe potuto, da sola, estendere il ciclo vitale dell’intera linea di prodotti.
Sei scrittore, game designer, creatore di mondi. Perché fai questo lavoro? Cosa ti sprona?
Cosa sprona un coniglio a sgranocchiare una carota? Certe cose sono nella tua natura. Sono sempre stato creativo, scrivevo e disegnavo fin da bambino. Sono anche sempre stato un giocatore. Con quel background la logica conclusione fu che qualsiasi cosa unisse i due elementi sarebbe stata ideale per me. Lungo la strada, in una decade di wargaming, mi interessai di aerospazio, geografia e storia. Ciò aggiunse ancora più ragioni per fare quel che faccio meglio. È dura. Può essere immensamente frustrante, a volte. Ma persisti, perché è ciò che sei. Malgrado le avversità, vi è piacere nel creare qualcosa di nuovo. C’è gioia nel portare alla vita mondi con i loro abitanti e, nel farlo, divertire i lettori.
Calidar “In Stranger Skies” è la tua prima esperienza come editore “indie”. La sua creazione è stata molto diversa dalle esperienze in TSR?
Caspita, sì! È stato assai differente. Durante i miei quasi vent’anni di pausa, l’universo intero è cambiato. Anzitutto, mancava attorno a me un’intera casa editrice e i suoi collaboratori esperti, professionali e preparati con cui realizzare tutto. Ora, io devo contare principalmente su me stesso. Tanto per cominciare, ti serve un pubblico consolidato di lettori, persone interessate a te e a ciò che puoi offrir loro. Senza questi, non puoi aspettarti di superare il momento “o la va o la spacca” del “crowdfunding”. La natura dell’industria editoriale è completamente diversa oggi, poiché le tradizionali case editrici, la distribuzione e i rivenditori non sono più importanti. La letteratura elettronica e la stampa su richiesta hanno aperto canali di pubblicazione del tutto innovativi e democratizzato l’industria. Anche la tecnologia per produrre libri è totalmente diversa, così come la gestione e la promozione delle proprietà intellettuali. Ugualmente, la natura e le aspettative dei lettori si sono evolute. Dopo la mia lunga assenza ho dovuto re-imparare tutto daccapo e in pochissimo tempo. Anche rivolgersi ai collaboratori freelance nei panni di editore-indie-tutto-solo è un’impresa rispetto a quando gestivo le acquisizioni per TSR. D’altra parte, non ho un superiore che mi controlla e mi dice cosa non posso fare. Ci sono solo io, a dirmelo (effettivamente, è peggio!). Dedico più tempo e sforzi alla gestione manageriale della nuova impresa che alla fase creativa. Posso condensare i miei momenti di scrittura in termini di settimane, o soltanto durante alcuni specifici mesi dell’anno. La gran parte del mio tempo, durante e tra i periodi di scrittura, è dedicata a gestire gli affari e promuovere il mio lavoro, compreso raccontarvi tutto ciò nella presente intervista.
Il prossimo prodotto della serie Calidar, “Beyond the Skies” parlerà di pantheon e divinità. Perché questa scelta, invece dell’atteso nuovo atlante?
Ho considerato che le premesse di Calidar erano fortemente basate sugli aspetti del suo background divino fantasy. In altre parole, gli dei sono fondamentali. Prima di continuare baldanzoso ad emulare gli Atlanti di Mystara, sentivo il bisogno di lavorare su questo argomento. Avrà un impatto diretto su ogni titolo della serie e su come i giocatori interpretano I loro personaggi in gioco. Era una mossa del tutto logica poiché gli eroi epici aspirano a diventare divinità; quindi il mondo degli dei doveva essere caratterizzato in modo più robusto rispetto a quanto offriva CAL1 “In Stranger Skies”.
Se potessi dare un solo consiglio a un aspirante game designer, quale sarebbe?
Scegline uno:
- Trovati un lavoro.
- Impara il business.
- Costruisciti un seguito.
- Fa’ ciò che nessun altro fa.
- Fatti crescere una dura scorza.
- Accetta ciò che non ti è confortevole.
- Non aspettarti di costruire Roma in un giorno.
- Non arrenderti mai.
- Tutti i precedenti.
Ringraziamo Bruce Heard per la sua gentile partecipazione a questa stimolante intervista. Restate sintonizzati su Isola Illyon per aggiornamenti sui suoi futuri progetti!
– Lorenzo Santini –