Premessa 1: tenterò di trattenermi il più possibile, ma per raccontare la trama di ogni libro finirò sicuramente col fare qualche piccolo spoiler: non odiatemi troppo!
Premessa 2: all’interno della recensione potrei citare anche le edizioni americane dei libri. Quando leggerete il nome in inglese, tenete a mente che sto parlando del volume “unico” originale, mentre i nomi tradotti si riferiscono alle suddivisioni fatte da Mondadori con l’uscita italiana.
Mentre siamo ancora in attesa di buone nuove sull’uscita di “The Winds of Winter”, travagliato sesto libro de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco che lo zio Martin non pare proprio voler consegnare nelle nostre mani, proseguiamo con le recensioni dei volumi della saga attualmente in commercio. Il quarto, “A Feast for Crows”, vede la luce in patria l’8 novembre 2005, poco più di cinque anni dopo il precedente. Per quanto riguarda l’Italia, Mondadori ha scelto di dividerlo in due, “Il dominio della regina” (che tratteremo in questa recensione) e “L’ombra della profezia”, pubblicati rispettivamente nel 2006 e nel 2007.
Facciamo un piccolo riepilogo della trama, iniziando a dare uno sguardo sulle Isole di Ferro Qui, dopo la morte di Balon Greyjoy, i suoi fratelli Victarion ed Euron e sua figlia Asha sono decisi a succedergli. Per evitare una guerra intestina, l’altro fratello di Balon, Aeron, propone che il nuovo sovrano delle Isole di Ferro sia scelto tramite Acclamazione di Re, un vecchio rito ormai in disuso. Intanto, nelle Terre dei Fiumi, Brienne è partita alla ricerca di Sansa, come promesso a Jaime, che si crede sia fuggita insieme a suo marito Tyrion. La ragazza, in realtà, è ancora a Nido dell’Aquila con Ditocorto, il quale, dopo la morte di Lysa, è divenuto reggente della Valle di Arryn in nome del piccolo e malaticcio Robert. Alla Barriera, invece, Jon è stato eletto nuovo Lord Comandante dei Guardiani della Notte, e per prima cosa decide di inviare alla Cittadella Samwell Tarly per far sì che diventi un Maestro, chiedendogli di portare con sé sia Maestro Aemon che Gilly, la bruta che aveva salvato, insieme a suo figlio. Ad Approdo del Re Cersei non se la sta vedendo tanto bene: dopo la morte di Tywin, ha assunto la carica di regina reggente, in quanto Tommen è ancora troppo piccolo. Il compito si rivela estremamente arduo, e la donna non riesce a contare né sull’aiuto di suo fratello Jaime, ancora scosso per tutto il susseguirsi degli eventi, né dello zio Kevan, che rifiuta il posto di Primo Cavaliere e lascia la Capitale con suo figlio Lancel. Nel frattempo c’è grande agitazione a Sud: le Serpi delle Sabbie, ovvero le figlie bastarde di Oberyn, chiedono a Doran Martell, principe di Dorne, di scatenare una guerra contro gli altri regni per vendicare il padre. L’uomo non è d’accordo e, per evitare che le ragazze possano agire di testa propria, le fa imprigionare. Ma anche Arianne, figlia ed erede di Doran, vorrebbe dichiarare guerra alla Corona, e il fatto che Myrcella Baratheon, secondogenita di Cersei, si trovi a Lancia del Sole, è un elemento che gioca suo favore. Arya, nel frattempo, è arrivata a Braavos ed è stata accolta nel tempio degli uomini senza volto, dove ha deciso di iniziare l’addestramento per diventare una adepta di questa strana religione.
Un volume piuttosto arduo da recensire, devo dire la verità. Dopo il finale de “Il portale delle tenebre” mi aspettavo che ci sarebbe stata tantissima carne al fuoco da gustare, ma per qualche strana ragione “Il dominio della regina” fatica a decollare e il ritmo è piuttosto lento fino alla fine. Di interessante c’è senza dubbio la parte riguardante le Isole di Ferro, o almeno la sezione in cui vengono presentati i fratelli di Balon, dei personaggi davvero caratteristici. Anche le vicende di Dorne sono piacevolissime da leggere, e non tarderete a scegliere per quale “fazione” tifare. Tutto il resto, però, davvero è difficile da digerire: i lunghi POV di Cersei e Jaime si susseguono un po’ troppo spesso, senza narrare niente di veramente incisivo. Anche il viaggio di Brienne, se non per sporadici avvenimenti, è piuttosto noioso da seguire. Difficile dire da cosa possa essere dipeso questo calo di qualità: da quello che sappiamo, inizialmente i piani di Martin erano di compiere un salto in avanti di cinque anni rispetto a “A Storm of Swords”, permettendo così ai personaggi di crescere in età. Si è, però, reso conto che sarebbe stato difficile spiegare con dei flashback tutti gli eventi di rilievo accaduti in quel lasso di tempo, e perciò ha scartato l’idea e deciso di riprendere la narrazione esattamente dove l’aveva fermata. Al quanto pare, comunque, si è ritrovato con tante cose da raccontare, così tante da decidere di dedicare un libro – A Feast for Crows – ad alcuni personaggi, ed un altro – A Dance With Dragons – a quelli non trattati nel precedente. Questa cosa potrebbe aver finito per diluire un po’ troppo la narrazione, che deve essergli sfuggita di mano. La differenza rispetto al volume precedente è evidente, perciò non posso che valutarlo in maniera decisamente inferiore.
– Mario Ferrentino –