Non avete capito male: abbiamo scritto proprio “tòpoi” e non “toponi” come qualcuno forse avrà erroneamente letto. Cos’è esattamente un “tòpos”, ma soprattutto, che centra questo con il fantasy? Abbiamo provato per voi ad accorpare le due cose e a vedere cosa mai ne sarebbe sbucato fuori. Se volete scoprire quale minestra vi aspetta non vi resta che continuare a leggere.
Cosa si intende per “Tòpoi (plurale) / tòpos (singolare)“? Abbiamo gran fiducia nel sapere e nella conoscenza dei nostri lettori quindi molti di voi già avranno la risposta a questa domanda, ma per quei pochi che accidentalmente quel giorno a scuola erano assenti o stavano facendo la loro beata pennichella, ci siamo qui noi: il “tòpos”, parola greca – più corretto dire che è una traslitterazione – che significa “luogo”, oltre ad essere un semplice termine, assume una connotazione più profonda e di più ampio respiro quando lo inseriamo in un contesto letterario (ma non solo): nel corso degli anni, infatti, il suo significato è mutato, trasformandosi in “argomenti” o “insieme di tematiche”. Per farci capire, si parla di “tòpoi” quando ci si riferisce a tutti quei luoghi comuni e a quei motivi ricorrenti che contraddistinguono una determinata disciplina.
Facendo un esempio letterario classico possiamo definire tali i temi ricorrenti dell’amore e della morte, la catàbasi, l’elisir dell’eterna giovinezza, il richiamo all’aiuto divino, la divinità malvagia avversa all’eroe, il “locus amoenus” e così via.
Facendo questi esempi dovrebbe essere abbastanza chiaro ora comprendere a cosa ci riferiamo. Di certo, colti o meno, tutti noi sappiamo che queste sopra elencate sono solo alcune delle tematiche più gettonate da scrittori grandi e piccoli, del passato e del presente. Insomma sono “feature” che non passano mai di moda.
Chiuso finalmente il preambolo, possiamo ora addentrarci nel nostro esperimento: abbiamo detto che i “tòpoi” esistono in moltissimi ambiti e discipline (perfino in matematica!), ma cosa potrebbe mai accadere se andassimo ad analizzare quelli fantasy? Probabilmente nulla di così eclatante, visto che il fantastico fa comunque parte di una branca letteraria in cui gli autori e i testi seguono più o meno sempre gli stessi canovacci sin dai tempi dell’antica Grecia, dove il genere ha avuto inizio – anzi, dove forse tutti i generi hanno avuto inizio.
Ma come abbiamo già ribadito, il nostro è un esperimento unico e perciò invece di analizzare i semplici e noiosi “tòpoi” intesi come tematiche, andremo ad analizzare i “luoghi” e le “zone” più sfruttate nel genere fantasy! Avete capito bene: tratteremo dei “tòpoi, tòpoi” ovvero dei “luoghi che sono luoghi comuni“. Credete sia una follia? Non preoccupatevi, già per azzardare simili congetture è lampante la follia di tutta l’Isola, quindi è normale routine.
Per fortuna abbiamo già scelto un “luogo luogo comune” (questa era l’ultima goliardata, promesso), a dir la verità molto interessante e che di primo acchito non sempre sembra essere così stereotipato: la “Torre”. Non vi siete mai accorti di come la Torre sia un qualcosa di pressoché sempre presente in tutte le forme del fantasy? Ovviamente Tolkien è il primo esempio che ci viene in mente, passando poi per Terry Brooks, per la nostra Licia Troisi, proseguendo nei “Final Fantasy“, in “The Elder Scrolls” e concludendo addirittura sulla nostra Isola (La Torre (S)cadente). Per non parlare poi di tutti i film in cui il cattivone o la strega malvagia sono rintanati su un torre oscura.
Non bisogna cadere nella tentazione di dire che è l’unica struttura funzionale e performante per fare da bastione ultimo in un mondo epico/fantastico, anche perché pure i Jedi (quindi un mondo non medievale) svolgono il loro consiglio su una torre; e non dimentichiamo di citare anche Blade Runner!
Dire quindi che è una scelta di “strutture” è giusto ma non esaustivo: dobbiamo analizzare in profondità e setacciare accuratamente il significato che ha assunto la Torre nel corso dei secoli. Se ci facciamo caso, lassù in cima si trova sempre qualcosa di incredibile, di fuori dal comune, al sicuro da tutto e tutti. Arrivare lì e scalarla significa sconfiggere le barriere della propria limitazione umana, guadagnando un bene e un sapere superiore oppure sconfiggendo un male tremendo e assumere un connotato eroistico di conseguenza. I nostri Hobbit ce l’hanno insegnato bene, in fondo. Ma quale è stata la prima apparizione della “Torre”?
Senza troppi giri di parole è chiaro che la prima sua apparizione risale a millenni or sono, quando fu scritta la Bibbia e la mitica “Torre di Babele“, simbolo anch’essa dell’inarrivabile e del proibito che causò l’incomprensione tra tutti i popoli. Metaforicamente parlando rappresenta l’arroganza e l’avidità dell’uomo di potersi confrontare con Dio e, in fin dei conti, se paragonata alle “torri” di cui abbiamo letto in tempi più recenti ci accorgiamo che la metafora non cambia di molto. Al massimo si inverte, ma racchiudendo sempre lo stesso principio.
Un “tòpos” fantastico, sopravvissuto per millenni!
La nostra ricerca per adesso si conclude qui: se siete rimasti colpiti anche in parte allora sappiate che non mancheranno nuovi approfondimenti e nuove sperimentazioni, magari anche suggeriti da voi! Alla prossima.
– Giulio Marciello –