Oggi, miei gentili ospiti, salpiamo verso la Roma di Ovidio e subito dopo sulle coste elleniche per scoprire uno dei miti che racconta le origini dei Licantropi, quello di Licaone.
Sono passati appena otto anni dalla nascita di Cristo e da quando vedeva la luce l’opera di Publio Ovidio Nasone, Le Metamorfosi. Il lavoro in questione ha una particolare importanza nel contesto letterario dell’antica Roma in quanto in essa sono racchiusi 250 differenti miti greci legati tra di loro da un unico fattore, quello della metamorfosi. Prima di cominciare, ci tengo a precisare che in questo nostro percorso che faremo insieme attraverso il mondo del mito farò spesso riferimento a questo testo.
Non ho intenzione di annoiarvi con i dati biografici e bibliografici dell’autore, a meno che non lo ritenga necessario. Nemmeno ho intenzione di mettervi di fronte il testo dell’intera opera. In questo particolare frangente parlerò di uno di questi miti, e i riferimenti e le citazioni saranno tutti provenienti da questo particolare testo e relativi a questa particolare versione, anche perché, come si è già detto nella parte introduttiva, l’argomento è alquanto vasto, e trattarlo in poche righe sarebbe di certo uno spreco.
Messa da parte questa breve premessa, andiamo a cominciare. Analizziamo una delle prime figure, quella del Licantropo (altrimenti detto Lupo Mannaro) citando proprio il mito raccontato dall’autore latino.
Partiamo prima di tutto con l’etimologia. Il termine LICANTROPO deriva come tutti possono immaginare dal greco λύκος [lykos] e ἄνθρωπος [antropos], che significano rispettivamente lupo e uomo. Da qui deduciamo dunque che il termine Licantropo, diversamente da come si lascia intendere in alcune opere letterarie, non indica un qualunque tipo di creatura mannara, ma solamente l’uomo-lupo. D’altro canto, il nome stesso del protagonista di questa vicenda, Licaone, in greco Λυκάων [Lykaon], ha chiaramente un’affinità semantica con l’animale simbolo di questa metamorfosi.
Passiamo al mito.
Siamo nell’Età del Ferro. Giove siede sul suo scranno e si rivolge agli altri dei, parlando della crudeltà degli uomini a cui è affidata la terra. Fra i tanti esempi riportati, viene alla luce il nome di Licaone, che Giove stesso ha punito per aver tramato contro di lui. Il dio, infatti, sceso sulla terra nelle vesti di un mortale, voleva verificare che tutte le nefandezze di cui aveva sentito parlare non fossero reali, tuttavia ne trova fin troppe lungo il suo cammino, finché non giunge nell’inospitale dimora del tiranno d’Arcadia. E se il popolo rivolge preghiere alla divinità appena giunta, il sovrano se ne fa beffe.
“Voglio accertare, con prova lampante, che questo dio
non sia un mortale; e il vero sarà indubitabile”
L’intenzione di Licaone è quella di attentare alla vita del suo ospite durante il sonno, ma prima uccide un ostaggio per arrostire una parte delle sue carni e bollirne l’altra. Il dio, irritato, fa crollare l’abitazione prima ancora che Licaone abbia il tempo di presentargli quella “pietanza”, se così possiamo chiamarla. Ecco che arriviamo al punto cruciale della vicenda.
Atterrito fugge e raggiunta la campagna silenziosa
lancia ululati, tentando di parlare. La rabbia
gli sale al volto dal profondo e assetato come sempre di sangue
si rivolge contro le greggi e tuttora gode del sangue.
Le vesti si trasformano in pelo, le braccia in zampe:
ed è lupo, ma della forma antica serba tracce.
La canizie è la stessa, uguale la furia del volto,
uguale il lampo degli occhi e l’espressione feroce.
Dunque ecco la metamorfosi vera e propria, nonché l’origine dell’uomo-lupo. Di certo, è comunque chiaro che dello stesso mito esistano differenti versioni, e quella che è stata presa in analisi è solo la più celebre. Ricordiamo, per esempio, anche Igino, Eratostene, Nonno.
In una versione differente non sarebbe stato un prigioniero la vittima di Licaone, ma Arcade, figlio di Zeus e della ninfa Callisto, che era stato allevato appunto da Licaone. In questa versione dei fatti, il dio per vendicarsi dell’affronto scaglia il suo fulmine sui quarantanove figli di Licaone, uccidendoli tutti a eccezione di Nittimo, che viene salvato da Gea.
In ogni caso è chiaro che questo mito sia anche legato ai sacrifici umani che venivano praticati proprio nella terra di Arcadia. I celebranti che si cibavano delle viscere della vittima, secondo la tradizione, venivano trasformanti in lupi per otto anni, trascorsi i quali potevano tornare uomini solo se non si erano cibati di carne umana durante tutto questo periodo.
Così come abbiamo già detto, per lo stesso mito vi sono più di una versione. È anche vero che vi sono miti differenti in diverse culture che trattano dello stesso argomento. Ne parleremo, questo certamente è chiaro, ma lo faremo nella prossima puntata. Restate dunque in ascolto.
–Eleonora Carrano–