Ve lo dico subito, così ci togliamo il pensiero: Ready Player One, l’ultimo film di Steven Spielberg, a mio modo di vedere è destinato a entrare a far parte della storia del cinema. Non tanto per la qualità della pellicola in sé, quanto per l’impresa sto(r)ica di voler unire passato, presente e futuro dell’intrattenimento in un unico, mastodontico action movie.
Questa non vuole essere una recensione: non vi parlerò del modo sapiente in cui generi diversi si amalgamano tra loro, né dell’ottimo uso della CGI che incrementa il valore delle scene d’azione senza sostituirsi a esse. Non vi parlerò di una regia esperta ma allo stesso tempo al passo coi tempi, né dei molteplici significati che possono trasparire da un’opera che soltanto in apparenza rappresenta mero intrattenimento, e che invece buca lo schermo su più dimensioni.
Oggi, isolani, andiamo ad analizzare l’impatto del fantasy sulla pellicola e – conseguentemente – sull’immaginario collettivo di chi è nato negli anni settanta/ottanta/novanta. È infatti a questo pubblico che Spielberg si rivolge, creando un universo in cui si mescolano videogiochi, film e romanzi di quella generazione.
Questo universo si chiama Oasis, ed è un programma di realtà virtuale in cui ciascuno può entrare con l’ausilio di visori e altri gingilli che incrementano l’esperienza di immedesimazione. Tramite un avatar, che può essere di qualsiasi sesso, razza e specie, si può navigare in una serie infinita di mondi, passando dalle rilassanti spiagge di pianeti tropicali fino a sanguinose ed epiche battaglie campali in mondi desolati.
In questi luoghi si possono acquisire monete con le quali acquistare upgrade e artefatti per il proprio avatar, ci si può unire in clan con i quali affrontare le sfide più estreme, oppure agire in solitaria.
Tutto questo vi ricorda niente? Beh, si tratta di una chiara ispirazione a World of Warcraft, il famoso MMORPG in cui milioni di giocatori desiderosi di immergersi in un universo fantasy fatto di eroi e mostri da sconfiggere hanno riversato tempo e denaro negli ultimi quattordici anni.
Sebbene molti scenari, personaggi e armi siano tratti dal mondo della fantascienza, l’influsso del fantasy in Ready Player One lo possiamo scorgere in elementi che diventano essenziali ai fini di Oasis. Basti pensare agli artefatti e più in generale alla magia, che diventa superiore a qualsiasi altra arma, quasi come un elemento proibito che non può essere alla portata di tutti, ma solo di coloro in grado di gestirla e di arrivare a possederla, probabilmente non senza qualche sacrificio. L’avatar del creatore del gioco, a conferma di ciò, è quello di un vecchio e saggio mago barbuto.
Sono innumerevoli le citazioni che possiamo scorgere, tanto che ci vorranno diverse visioni per coglierle tutte. Tra quelle di nostro interesse ci sono la Sacra Granata dei Monty Python, il nome di Kira di Dark Cristal, primo amore di Halliday, Gandalf il grigio e l’universo Tolkieniano, l’appellativo Padawan dall’universo di Star Wars, il ciclope di Harryhausen, l’arma di Krull, il guerriero Conan, la Rail Gun di Quake, la formula magica di Excalibur, le astronavi Harkonnen del pianeta Dune, Goro e altri riferimenti a Mortal Kombat, gli scheletri de L’armata delle tenebre, King Kong, i Battletoads, Beetlejuice, l’area dedicata a Dungeons & Dragons con un d20 e un simbolo di Tomb of Terror, il gioco Swordquest, e un poster de I Predatori dell’arca perduta.
Si tratta per lo più di fotogrammi ed easter egg (del resto il film stesso si basa su un enorme easter egg), ma c’è sicuramente qualcosa di più che ci permette di definire il fantasy all’interno di Ready Player One, e lo scoviamo nell’accezione stessa del termine. Una storia fantasy deve avere dei personaggi alle prese con qualcosa più grande di loro, con un’impresa che sembri impossibile e che necessiti di abilità e forza d’animo fuori dal comune, un compito che, insomma, possa essere assunto solo da quelli che possano essere chiamati “eroi”.
Spielberg mette dunque in scena degli eroi moderni ma al tempo stesso classici, che lottano per tutto ciò che di buono è rimasto su questa terra, che sono pronti a sacrificarsi per gli amici, per le persone amate e per quello in cui credono, al fine di sconfiggere il male e riportare l’equilibrio. E lo fanno in maniera fottutamente epica, come piace a noi.
Insomma, se non lo avete ancora fatto, vi consiglio di correre al cinema per immergervi in questa esperienza visiva che a mio avviso non dimenticherete facilmente.
–Andrea Carbone–
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