Era il lontano 2012: il mondo non è finito, ma l’umanità ha dato vita all’ennesimo film mediocre di Roland Emmerich. Figlia della medesima annata fu la campagna crowdfunding per un curioso progetto dal nome di Oculus Rift, l’ormai noto visore di realtà virtuale (VR) che, per l’ennesima volta, cerca di consolidare sul mercato lo scenografico quanto scomodo “elmetto” visto in Johnny Mnemonic. Così come il cinema riscopre ogni venti anni l’esistenza del 3D, anche il mondo informatico avverte ciclicamente la necessità di immergersi nei programmi al punto da esserne circondati, spesso con conseguenze nauseabonde che portano a far infrangere il sogno. Che il prodotto del gruppo Oculus finisca a scivolare per la medesima china o meno non ci è dato ancora saperlo, resta il fatto che questo insolito ibrido tra occhialoni anni ’80 e lussuosissimo schermo OLED è finalmente uscito dai laboratori ed è pronto a colpire duramente i negozi nel marzo prossimo venturo.
Le pre-vendite sono aperte al tutt’altro che modico prezzo di 599$, cifra che nel Vecchio Continente lievita follemente a 699€ (742, se contiamo anche le spedizioni), e permettono agli acquirenti di accaparrarsi così un visore, un telecomandino remoto, il sensore di movimento e un controller Xbox One. In effetti, tralasciando teatrali drammaticità, il costo dell’apparecchio si è dimostrato ben al di sopra delle previsioni diffuse (400$/€), e ora dà da pensare ai potenziali acquirenti quanto ai possibili sviluppatori di videogames. Questa somma ragguardevole, infatti, limita grandemente le possibilità di diffusione del Rift, infierendo soprattutto su quei pochi indipendenti che, più coraggiosamente delle grandi aziende, hanno deciso di scrivere titoli videoludici specifici e ora sperano disperatamente di vedere qualche guadagno nel giro di due anni.
Come spiega lapidariamente Maciej Binkowski, la mente dietro a Dying Light, la tecnologia del visore è ancora inadatta a conversioni semplici e immediate dei titoli multipiattaforma e, come il passato di Nintendo ci insegna, le grandi aziende sono sempre meno propense a investire in progetti destinati a una fetta ristretta dell’utenza raggiungibile. Pare, quindi, che la distribuzione abbia adottato strategie conseguenti mettendo in circolo un numero ristretto di apparecchi e prevedendo una lista d’attesa che durerà fino a giugno. Nel frattempo sbocciano già le prime offerte da parte di Dell (e quindi Alienware) che, assieme ad Asus, ha per ora il monopolio sulla compatibilità PC. Fin troppo spesso ci si dimentica, infatti, che Rift non sia indipendente, ma che necessiti di un PC coi controfiocchi (scheda grafica NVIDIA GTX 970 / AMD R9 290 per CPU i5-4590), computer che Dell è felicissima di abbinare al visore in un oneroso bundle del quale, come prevedibile, non v’è traccia sul sito italiano.
Tra le informazioni positive si riporta che i backers Kickstarter dormiranno sonni tranquilli, rassicurati dal fatto che potranno ottenere lo strumento da loro finanziato agli albori del progetto. Oculus, infatti, era stata travolta da una diffusa sfiducia quando, dopo aver smosso le acque, aveva abbandonato la propria struttura indipendente per essere inglobata nella portentosa famiglia Zuckerberg; molti hanno interpretato questa mossa come un implicito passo indietro, dicendo addio ai loro quattrini, ma la grande azienda che è Facebook ha stupito tutti “regalando” un Rift a coloro i quali avevano investito una somma uguale o superiore ai 300$.
Oculus Rift, insomma, parte circondato da una densa nube nella quale sospetto ed entusiasmo si agitano vorticosamente, trovandosi attanagliato tra uno slancio verso tecnologie rivoluzionarie e i soffocanti limiti delle prospettive economiche delle industrie. Abbiamo già visto numerose volte situazioni similari: scomodando nuovamente l’esempio di sopra, il cinema odierno è riuscito a forgiare macchinari strabilianti per le riprese 3D, ma il loro costo è esorbitante e le produzioni preferiscono mimarne le dinamiche accumulando del girato tradizionale da far malamente convertire in post-produzione. Quello che poteva essere un passo avanti per la settima arte si è tramutato rapidamente in un grottesco escamotage atto a gonfiare le cifre sui biglietti di ingresso ai cinema, facendo perdere la fiducia al pubblico e autocondannandosi ad un lento e inarrestabile declino. Riuscirà Oculus a fuggire da questa maledizione? Sony si augura caldamente che la risposta sia negativa e, ben consapevole dei lati deboli della concorrenza, ci ha tenuto subito a precisare che ben 200 sviluppatori sarebbero a lavoro su ben 100 videogames per il suo PlayStation VR. Questa sferzata risulterebbe certamente critica se le memorie dei fallimenti delle console portatili Sony (PSP e Vita) non fossero così marcate o se non fosse trapelato il probabile prezzo del visore dell’azienda giapponese il quale, secondo Amazon, potrebbe raggiungerebbe gli 800$. Come piccola nota di colore, Corey Price, vicepresidente di PornHub, ha tenuto a specificare come l’azienda sia interessata a integrare la realtà virtuale nel suo nuovo servizio premium ad abbonamento. La guerra e la pornografia, insomma, si riconfermano nuovamente le avanguardie della moderna tecnologia.
–Walter Ferri–