A ben pensarci, affermo che l’economia è fantasy. E addirittura financo la sua sorella degenere, la finanza, può essere fantasy. Ok, prima che chiamiate la neuro con una bella camicia chiusa sul davanti, è meglio che cerchi di argomentare: i paroloni da telegiornale, le concatenazioni causa-effetto incomprensibili, i meccanismi oscuri, tutto dell’economia fa pensare ad una setta iniziatica adepta della Dea Finanza inaccessibile al resto della galassia, con fior di economisti nei panni di cultisti un po’ squilibrati intenti a giocare col fuoco di meccanismi che comprendono solo loro e che forse nemmeno esistono. D’altronde, come dice un vecchio adagio, a credere nella crescita infinita su un pianeta dalle risorse finite, sono rimasti i pazzi e gli economisti.
Ed ecco che l’economia da GdR, basata su poche, chiare, semplici regole, con la moneta unica come massima espressione di progresso commerciale, rappresenta un’ulteriore gradita evasione dalla realtà per noi mortali, schiavi di parole come spread, subprime e via dicendo, mostri mitologici fantastici ma dalle dolorose ripercussioni quotidiane: forse questo tipo di economia fantasy non starebbe molto in piedi nella realtà, ma avrebbe l’indubbio pregio di essere fondata esclusivamente sull’economia produttiva. I parametri, compresi quelli monetari, sono basati sulla cara, vecchia produzione di beni fisici e servizi (mineraria, agricola, artigianale, anche magica, ma pur sempre produzione) e non sulla finanza, ovvero sui soldi generati spontaneamente dai soldi (come nella mitica battuta di Benigni: “A quanto me le metti oggi le mille lire? A mille e due? Buono.”). Tutt’al più qualche usuraio o qualche timido inizio di sistema bancario nelle grandi città come Waterdeep, così come nei nostri storici comuni medievali. E basta.
Una economia da GdR che abbia qualche carattere di verosimiglianza deve avere in sé degli elementi dinamici, imprescindibili. Al DM non è richiesto di tenere conto delle minime fluttuazioni del mercato, ma almeno di tenere nota della valuta accettata in un determinato territorio, delle principali esportazioni ed importazioni, degli eventi catastrofici influenzanti l’economia (tipo siccità, inondazioni, guerre, corruzione e malaffare) e di un minimo di verosimiglianza riguardo le retribuzioni medie ed il costo della vita in un determinato luogo, pena le assurdità esistenzial-monetarie tipo riuscire a vendere la Lama Vorpal al modico prezzo di centomila monete d’oro in un villaggio di 800 anime.
Ed eccoci arrivati al punto della questione: la valuta. Fatto salvo il sacrosanto baratto, che in termini di una verosimile ambientazione fantasy medievale dovrebbe essere il sistema di scambio base – a parte qualche città particolarmente grande ed evoluta dal punto di vista sociale –, la moneta d’oro (e la moneta d’oro unica, come vedremo più avanti) è una necessaria ma poco invasiva semplificazione. Senza nulla togliere al piacere di barattare un paio di bracciali dell’armatura con una mazza chiodata +1, senza la moneta d’oro verrebbe a cadere una delle parti più apprezzate, per esperienza, da parte dei giocatori (soprattutto di un certo tipo): Lo Shopping Compulsivo Dopo Aver Venduto il Bottino™ .
Ora, la valuta di D&D ha un grosso vantaggio su quelle reali. Non si tratta di titoli di credito valevoli esclusivamente in quanto riconosciuti da un regno od una città stato, ma materialmente privi di valore: la moneta d’oro ha un valore intrinseco dovuto a quello del materiale del quale è composta, così come la moneta d’argento o di rame. Se proprio la Città di Roccaronfante non dovesse accettare i nostri Sputurzi d’Oro razziati con tanta fatica in un altro regno, ci basterebbe cercare un orafo per far fondere le nostre monete (sperando che siano più pure possibili) e vendere in seguito l’oro rimpinguando le nostre tasche con valuta locale. Potremmo perdere qualcosa del loro valore iniziale nel processo, ma saremmo sicuri di non rimanere mai con le tasche vuote. Davanti, quindi, a questa relativamente semplice soluzione nello stabilire un minimo comune denominatore per il conio di qualunque tipo, non fa gridare allo scandalo standardizzare tutto in una Moneta d’Oro Unica (MOU) valevole dalla Costa della Spada fino a Thay, saltando così vari passaggi e velocizzando il gioco.
Nulla vieta ovviamente, se proprio ci volessimo del male, di stabilire un mercato di scambio di valuta a flusso, ma le cose inizierebbero a farsi un pochino più complicate. Tanto per cominciare, dovremmo stabilire una valuta standard che rappresenti sempre una unità (e che può essere benissimo la valuta del territorio di provenienza dei nostri eroi, o quello dove bazzicano principalmente). Dopodiché, dovremmo prendere tutte le valute che intendiamo introdurre nella nostra campagna ed equipararle a quella standard, assegnando a ciascuna un valore in scala: salteremmo il passaggio dell’orafo, ma dovremmo mettere su un vero e proprio ufficio cambio valuta, (spesso non presente nei piccoli centri), per di più basato sulla purezza relativa e il peso assoluto in minerali preziosi delle diverse monete. Mh… forse converrebbe, ai fini della riuscita della sessione, dedicarsi a sviluppare meglio il background ed il roleplay dei vari PNG.
C’è da dire che la MOU è protagonista, più che di un sistema di valute dinamico, di un divertente paradosso GdR, se si volessero considerare realisticamente le variabili economiche (soprattutto in un’ambientazione piena di eroi ed avventurieri tombaroli): Il Paradosso del Drago Strumpflzn. Immaginiamo un simpatico Drago dedito alla razzia indiscriminata che abbia accumulato, moneta di rame dopo moneta di rame, nell’arco dei secoli (e quindi praticamente inavvertito dalla vita monetaria del luogo), un mostruoso bottino (si sa, i draghi sono pazienti come eremiti, resistenti come cammelli e longevi come suocere e, si risà, non c’è nulla di meglio a livello ortopedico di un bel materassone di Monete d’Oro per la schiena di un vecchio drago). Ora, immaginiamo che il povero Strumpflzn non riesca a godersi la sua meritata pensione draghesca, ma venga bensì trucidato da un manipolo di avventurieri chiassosi e maleducati.
Immaginate altresì i simpatici avventurieri disporre di punto in bianco di un fantastilione di monete d’oro in una qualunque metropoli fantasy, ad inondare le vie d’oro e a spendere come se non ci fosse un domani. Seguendo i manuali di economia, ecco il risultato: immediatamente una moneta d’oro non varrebbe più nulla, dato che ce ne sarebbero ad ogni angolo. Stessa sorte di conseguenza per gli altri metalli: in men che non si dica potreste buttare le monete di rame ai porci e usare le monete d’argento come segnalini per la tombola. In poche parole: inflazione repentina e devastante. Se un chilo di pane costava due monete di rame, ora ne costa due d’oro. Conseguenze politiche a gogo: visto che la massa dei cittadini sopravvive con una moneta d’argento al giorno, il popolo si ritrova di colpo affamato. Rivolte e distruzioni nel giro di poche settimane. Ora, moltiplicate questa situazione per tutti i party in giro per la nostra ambientazione, ed ecco bello che servito il paradosso: più eroici ed efficienti sono i nostri PG, sempre meno prezioso è il bottino da loro recuperato a parità di volume, e sempre più a ramengo andrà l’economia della nostra ambientazione. Il tutto con Strumpflzn che se la sghignazza alla faccia nostra appollaiato sulla nuvoletta nel Paradiso dei Draghi.
Che ne dite, Illyoners?
– Luca Tersigni –