Oggi intervistiamo un celebre game-designer italiano, cui dobbiamo molte serate di puro intrattenimento ludico: Spartaco Albertarelli!
Quest’oggi, dopo avervi presentato o fatto riscoprire un gioco di ruolo che ha costituito una vera e propria pietra miliare del genere, per di più un gioco di ruolo italiano (parlo di Druid, di cui trovate gli approfondimenti QUI e QUI) vi andiamo a presentare il suo autore, Spartaco Albertarelli, che ha dato vita al mondo di Annwyn assieme a Paolo Parente e Nick Gandolfi.
Per chi non lo sapesse, Spartaco Albertarelli è persona poliedrica e capace: game-designer principalmente di giochi da tavolo, ma anche product manager (sempre nel settore) nonché ex giornalista. Wikipedia può rivelarci molte cose sul suo conto, ossia che ha collaborato con l’Editrice Giochi dal 1987 e che è stato il responsabile della edizione italiana di Dungeons & Dragons per oltre dieci anni; inoltre, è colui che vi ha permesso di intrattenervi per innumerevoli pomeriggi e serate assieme ai vostri amici giocando a Risiko, essendo stato il responsabile dello sviluppo della sua linea (tra cui FutuRisiKo!, Risiko ed. Torneo, Risiko Master, SPQRisiKo! e RisiKard, ossia la versione cartacea di Risiko); lo scrivente, infine, lo ringrazia ancora per aver realizzato il primo vero ibrido tra gioco da tavolo e gioco di ruolo, ossia Colpevole! che ha segnato l’infanzia sua e di altri compagni di gioco dimostrando quanto potesse essere bello aggiungere la componente investigativa alle proprie campagne di Druid o di D&D.
A voler essere franchi, lo scrivente ringrazia, tra le altre cose, il Sig. Albertarelli sia per avergli concesso qualche minuto al Lucca Comics del 2009, stringendogli addirittura la mano, sia per non aver chiamato il Tribunale e richiesto un’ordinanza restrittiva per molestie dopo tutte le mail inviategli dal 1999 ad oggi per richiedere di collaborare ad un progetto Druid 2.0 e tessere le lodi sue, di Paolo Parente e di Nick Gandolfi.
Vabbé, si fa per scherzare.
Più o meno!
Spartaco Albertarelli (il cui nome, anagrammato, risulta “il celebrato straparla”, grazie all’abilità nei giochi di parole del celebre Ennio Peres) è persona che guarda anche al futuro: ha realizzato una linea di giochi da tavolo sotto il nome di KaleidosGames che viene pubblicata dalla KaleidosPublishing e che sta ottenendo un grande successo.
Ora, dopo avervi fornito un quadro chiaro di chi sia la Persona con cui ci apprestiamo ad intraprendere quattro chiacchiere, andiamo ad incominciare.
Spartaco, un grazie sincero per il tempo concessoci e per la disponibilità che ci stai mostrando nel prestarti a questa intervista.
Grazie a te. Per me è sempre un piacere “straparlare” di giochi (visto che hai messo in evidenza il divertente anagramma che da sempre accompagna anche le mie uscite più serie).
Dunque, abbiamo curato una presentazione che permettesse anche ai più giovani o meno informati di conoscere Spartaco Albertarelli e tutto quello che ha fatto per la cultura ludica italiana. Ora, prima di dare uno sguardo ai tuoi progetti attuali e a quelli futuri, ci piacerebbe partire da una tua riflessione, inerente il gioco (che trovate riportata integralmente QUI, un post del 17 marzo 2013): “Il gioco è lo strumento che consente agli esseri umani di interagire direttamente con il proprio immaginario, attraverso un sistema di regole che chiedono di essere rispettate.”
Pensi di poter esplicare ulteriormente questo concetto? E ritieni fondamentale che un’attività ludica abbia un che di pedagogico ad arricchirla?
La mia definizione altro non è che una diversa interpretazione del pensiero di Freud il quale diceva che “Il contrario di gioco non è ciò che è serio, ma ciò che è reale”. Freud si riferiva al gioco nel senso dell’azione (il giocare), mentre io ho voluto riferirmi al gioco nel senso dell’oggetto (e quindi strumento), perché di fatto non esiste una definizione universalmente accettata e accettabile del gioco in quanto tale. Gli esseri umani hanno la capacità di immaginare ed è questa caratteristica che ci rende unici. Il gioco, essendo lo strumento principale per interagire direttamente con il nostro immaginario, è di per se il principale mezzo di crescita a nostra disposizione e resta tale anche dopo l’età infantile.
A costo di sembrare ripetitivi, dato che andiamo ancora a pescare nel passato, gradiremmo molto se tu condividessi la tua personale prospettiva con cui ti sei cimentato nella cura e realizzazione di giochi come Colpevole, RisiKo, Druid. Quali sono gli elementi che più ti hanno stimolato di questi giochi e quali quelli che hai voluto emergessero maggiormente e che al contrario, se potessi tornare indietro, probabilmente correggeresti?
Sono tre progetti completamente diversi fra di loro, che sono nati e si sono sviluppati seguendo logiche totalmente indipendenti l’uno dall’altro. E’ il bello del mio lavoro: non è mai uguale a sé stesso, anche se l’oggetto su cui lavoro può sembrare simile. Dei tre titoli che hai citato, Risiko non è, ovviamente, una mia creazione, quindi il mio lavoro è stato quello di sviluppo della linea, cercando di esaltare al massimo le caratteristiche tipiche della versione italiana, rendendola sempre più autonome a diversa da quella internazionale. Espansioni, regole da torneo, gestione del gioco online sono stati gli interventi principali che hanno portato anche alla progettazione di titoli come SPQRisiKo o FutuRisiKo, che sono dei veri e propri giochi a sé stanti. Un lavoro di oltre 25 anni che ha rappresentato (e rappresenta) una parte fondamentale della mia carriera, nel corso della quale ho avuto anche il piacere e l’onore di poter mettere le mani su alcuni dei classici più famosi, come D&D, Monopoli e Scarabeo. Colpevole, come hai citato all’inizio dell’intervista, è stato invece un vero e proprio esperimento, una cosa che forse oggi sarebbe impossibile da ripetere. La creazione dei singoli casi polizieschi contenuti nel gioco è stata la parte più divertente, compreso quello “segreto” che ho sviluppato senza dire nulla ai playtester, che sono tutti presenti con una carta caricaturale della cui esistenza sono venuti a conoscenza solo il giorno in cui ho portato loro una copia del gioco. Ci sono anch’io, nella parte di Albert A. Relly, un losco figuro. Di Druid invece, cosa potrei mai dire che non abbia già scritto tu? Se tornassi indietro cosa cambierei? Probabilmente molto, ma non sono abituato a guardarmi alle spalle. Sono più a mio agio nel tempo futuro. E’ una caratteristica, ma anche un difetto, di ogni creativo che si rispetti: il pensiero va sempre a quello che si farà.
Dungeons & Dragons rappresenta quasi la pietra angolare, la pietra di volta, di qualunque gioco di ruolo: eppure, esso si è evoluto un bel po’ dagli anni ‘90 ad oggi, modificandosi sempre, conservando bene o male certe “costanti universali” eppure riuscendo in modo differente a penetrare il mercato, passando anche attraverso la contestatissima IV edizione e arrivando alla Next ovvero la V edizione (di prossima pubblicazione) che, secondo alcuni, ove costituisse un flop potrebbe compromettere seriamente il marchio, già leso nell’immagine dalla non proprio esaltante e già citata IV edizione. Cosa pensi di ciò che D&D è diventato nel corso degli anni? Ritieni che abbia snaturato troppo la sua essenza per cercare di incontrare il gusto ed i desideri di tutti i giocatori di poter, virtualmente, essere e fare qualunque cosa (come nella III edizione)?
Vale un po’ la risposta precedente. D&D, per quanto mi riguarda, appartiene al mio passato. Un passato che ricordo con grande felicità, ma senza essere particolarmente propenso alla nostalgia. Il famoso “senno di poi” è lo scudo dietro il quale finiamo tutti per nasconderci quando le cose non vanno come si sarebbe voluto. Nella sua storia recente (per quanto riguarda l’Italia ovviamente) D&D non ha mai neppure sfiorato i livelli di vendita che ottenne quando era gestito da EG, eppure io non dimentico le critiche feroci che ci piovevano addosso da parte della elite di appassionati che non accettavano l’idea che il loro gioco preferito potesse essere sullo stesso catalogo occupato da Monopoli, Risiko e Scarabeo. Molte di quelle persone sventolarono bandiere giubilanti alla notizia che finalmente D&D era stato liberato da questa sorta di “prigionia” ed era finalmente in mano a veri appassionati. Criticare è da sempre più facile che decidere e io ho molto rispetto delle persone che per necessità o scelta devono prendere decisioni, consapevole che spesso le decisioni possono risultare sbagliate. La storia di D&D, come quella di qualsiasi altro prodotto, è fatta di decisioni giuste e sbagliate. Capire quale sia il gusto delle persone è sempre difficile e, a volte, non ci si rende conto che un prodotto è perfetto in un certo modo e provare a “svecchiarlo” può significare ucciderlo, però non so se sia quello che potrà capitare a D&D. E’ da molto tempo che non seguo più da vicino il mercato dei GDR, pur restandone un grande appassionato, quindi non ho elementi concreti per rispondere alla tua domanda in modo preciso.
Parliamo di KaleidosGame e dei giochi della sua linea: lo scrivente non ha ancora avuto modo di sperimentare “Magnifico- Da Vinci’s Art of War”, ma ne ha ricevuto un gran numero di feed estremamente positivi, confrontandosi anche con alcune recensioni tecniche di grande caratura. Quindi, oltre a sperare in un invito ufficiale per poterlo fare assieme al suo creatore (uno ci prova, eh!), avresti piacere di illustrarci le linee guida di un gioco così ben congegnato che sta riscuotendo tanto successo?
Magnifico è un altro esempio da “manuale” di decisioni giuste e sbagliate. La versione in scatola, almeno in Italia, non è più disponibile da tempo, perché dopo una prima fase di vendite molto buone, la seconda tiratura ha fatto fatica a uscire e così si è deciso che il gioco non dovesse più far parte del catalogo. Nel frattempo, qualcuno ha invece intravisto nell’idea di base una grande potenzialità e così il gioco è diventato una APP di grande successo internazionale (è tradotta in molte lingue, russo e cinese compresi) che, proprio nei giorni nei quali stiamo scrivendo questa intervista, si trova in posizione molto alta nelle classifiche degli APP store di mezzo mondo, al punto che abbiamo un programma di sviluppo di espansioni e di nuovi scenari che durerà mesi. Il successo del gioco deriva dal fatto che unisce delle meccaniche “Risk-like” (quindi per tutti) ad alcune idee più da “gamer”, il tutto confezionato con una grafica di altissimo livello e un’idea folle come quella di un rinascimento tecnologicamente avanzatissimo. Una sorta di steampunk, ma senza il vapore. Aggiungici che Leonardo è un’icona internazionale, mischia il tutto con un minimo di perizia tecnica e il gioco è, letteralmente, fatto. Se hai un iPad, appena uscirà la versione multiplayer e vorrai sfidarmi, sarò felice di incrociare i miei carri con i tuoi.
Ovviamente non vedo l’ora di poterlo fare: per quanto la tecnologia per me raramente vada oltre il piccione viaggiatore, provvederò ad avvalermi di questa app il prima possibile! Oltre a Magnifico, c’è un altro gioco in particolare della linea KaleidosGames che vorresti presentare al pubblico e che ritieni dovrebbe assolutamente entrare a far parte della propria collezione?
Magnifico non è uscito nella linea KaleidosGames, però fa parte dei progetti gestiti dalla mia piccola società, in questo caso per conto terzi perché un progetto di questo tipo ha bisogno di finanziamenti che al momento non potrei permettermi. Indicarti un gioco della linea KaleidosGames, in questo momento è piuttosto facile, visto che ce n’è uno solo :). Si tratta di DiceRun, una ristampa di un gioco che avevo pubblicato qualche tempo fa con un’altra piccola casa editrice che avevo contribuito a far nascere, senza esserne però il proprietario (KidultGame). Anche in questo caso, si tratta di un incrocio di decisioni che hanno portato da una parte alla chiusura di KidultGame e dall’altra all’apertura di KaleidosGames. DiceRun è il classico “filler” un giocherello semplice e veloce, ma non privo di una certa strategia. Si gioca con 30 dadi in 5 colori e 110 carte che servono a muoverli sul tavolo come in una sorta di corsa stilizzata. L’idea è proprio quella di avere dai dadi che non servono a muovere qualcosa, ma sono la cosa da muovere. Oltre a questo, non posso non citare il gioco che mi ha dato la più ampia visibilità a livello internazionale e che dà il nome alla mia società: Kaleidos. L’anno prossimo compirà 20 anni e, di nuovo, ci troviamo di fronte a un’idea che è passata attraverso decisioni che, con il senno di poi, non potrebbero che essere considerate sbagliate e altre che si sono rivelate (fortunatamente per me) molto azzeccate. Fa parte della vita.
Non solo giochi da tavolo, a quanto pare: nella pagina di KaleidosGames c’è una sezione destinata all’Ipad con due giochi, Count2Ten e KaleidosPuzzle: ritieni che la tecnologia possa andare a sostituire l’intrattenimento al tavolo da gioco o possa integrarlo? Hai dei nuovi progetti ludici per coloro che si avvalgono di Tablet, Ipad e simili?
Il mondo dei tablet mi affascina, come mi ha sempre attratto il mondo dei videogiochi in generale, però non ho mai pensato che queste tecnologie potranno un giorno sostituire il gioco da tavolo. Magari i tablet diventeranno in futuro così grandi da diventare veri e propri tavoli da gioco e i pezzi per giocare ce li costruiremo direttamente in casa con le nostre stampanti 3D, ma questa, più che una minaccia, mi pare una straordinaria opportunità. In ogni caso, di progetti nel cassetto (ma alcuni già in fase di progettazione abbastanza avanzata) ne ho più di uno. Solo alcuni usciranno con il marchio KaleidosGames, mentre altri saranno sviluppati per altre realtà editoriali più grandi e capaci di supportarne la diffusione a un livello superiore a quello che per il momento posso raggiungere io con la mia società. Certe dinamiche commerciali restano simili, che si tratti di scatole in cartone o di bit.
Puoi parlarci dei nuovi progetti in cantiere a cui stai dedicandoti e rivelarci quando essi verranno alla luce (per la gioia di un po’ tutti)?
Ne ho così tanti che rischierei di sembrare presuntuoso, quindi mi limiterò a poche segnalazioni. Intano Kaleidos Junior, versione per più piccoli (ma sono certo che tanti adulti useranno le tavole illustrate come “espansione”, perché sono semplicemente bellissime) che è ormai in dirittura di arrivo. Un lavoro meraviglioso, grazie soprattutto alle due fantastiche artiste che hanno realizzato le immagini: Elena Prette e Valentina Mendicino. Poi abbiamo “Primiera”, un mazzo di carte speciali, interamente illustrate, per giocare a… scopone (però con un piccolo “twist” che non vi svelerò). Altro lavoro graficamente pazzesco, questa volta grazie a un’altra artista che lavora con me da tempo: Chiara Vercesi. Di questo progetto stiamo pensando anche a un’edizione per tablet, così come sempre per tablet siamo in fase finale nella realizzazione di KaleidosChallenge, che sarà prodotto da Moonsubmarine (piccola, ma gagliarda, software inglese di un amico italiano). Gioco ispirato a Kaleidos, ma con diverse versioni e un sistema di generazione casuale delle immagini veramente “kaleidoscopico”. Per finire, sto lavorando a una versione “solo carte” di Magnifico, che potrebbe intitolarsi Leonardos’ Workshop. Poi ci sarebbero Iron Duke, Look Around e una mezza dozzina di altre cose che non hanno ancora un titolo né una data di uscita, quindi me le tengo per una prossima intervista.
In effetti è vero, specie le illustrazioni per Kaleidos Junior sono curatissime e colpiscono per il dettaglio, al punto che ho tutta l’intenzione di mostrarle ai nostri lettori. Un’ultima domanda, prima di chiudere: come si diventa un game-designer? Qual è l’itinerario da seguire, le cose da conoscere, le persone a cui rivolgersi per collaborare o lanciare una linea di giochi e come farlo oggi, in un mondo che corre continuamente e spesso tende a sacrificare la qualità per la quantità? C’è spazio anche per nuove leve, nell’ambito ludico, con la concorrenza spesso spietata di giochi in formato digitale? E ritieni l’Italia offra opportunità a chi desideri inseguire questo sogno?
Game designer si diventa per passione. Non c’è nessuna scuola che ti possa insegnare a fare quello che sai già fare benissimo, perché hai passato la tua infanzia proprio a inventare giochi. È una cosa che ogni essere umano sa fare, ma poi si diventa grandi e ci si dimentica tutto. Quando dico queste cose, spesso qualcuno replica che allora bisogna restare bambini, come Peter Pan. No, quella è una sindrome. Per dirla usando termini inglesi (in italiano suona meno bene), non bisogna restare “child”, ma “kid” e non avere alcun timore di diventare adulti. E da questo concetto che deriva il termine “kidult”, che usammo proprio per il nome della società della quale ho già fatto cenno. Per quanto riguarda le nuove leve, hai mai visto così tanti game designer in circolazione come oggi? Quando ho iniziato io, in Italia ci contavamo sulle dita di una mano, oggi il mondo è pieno di game designer italiani di successo. Viviamo nell’epoca che più di ogni altra è caratterizzata dalla dimensione ludica. La gente gioca ovunque, proprio grazie a smartphone e tablet che sono diventati delle mini piattaforme di gioco e questo non fa che moltiplicare le opportunità creative e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Abbiamo già espresso i nostri ringraziamenti all’inizio dell’intervista, siamo chiamati a triplicarli per le risposte che ci hai gentilmente concesso. Un grazie immenso ed un in bocca al lupo a Spartaco Albertarelli.
– Leo d’Amato–