Risulta importante nel gioco di ruolo definire la tipologia di interazione che i personaggi stabiliscono con l’avventura. Ma qual è la relazione più efficace?
Sin dalle scuole elementari, il nostro bagaglio scolastico è stato riempito di concetti precisi, inerenti l’ambito della narrazione, che sono riusciti a caratterizzare i personaggi delle letterature a cui siamo stati costretti – chi più chi meno – ad approcciarci: sappiamo tutti chi sia il protagonista, l’antagonista, l’eroe o l’antieroe. Ma chi è il personaggio? Esiste una valenza univoca che lega quest’ultimo al testo o, nel caso del role-play, all’avventura?
Il personaggio può essere utilizzato dal creatore come strumento principale di sviluppo della storia: in tal caso, i partecipanti – o il partecipante – coincideranno con il protagonista. È la casistica maggiormente verificabile all’interno delle sessioni di gioco, poiché rende i giocatori complici dell’evoluzione dei fatti e della storia ed è facilmente comprensibile perché il Dungeon Master tenda a prediligere questo tipo di relazione: i protagonisti riescono a esprimere al meglio delle loro potenzialità l’immagine del personaggio che avevano in mente, ed il DM deve soltanto accompagnare i giocatori attraverso la o le trame che ha precedentemente ipotizzato.
Il personaggio può tentare di opporsi ai disegni provvidenziali del fato, creando così una vera e propria trama alternativa che chi porta avanti la storia dovrà ponderare a seconda delle scelte dei giocatori e delle possibilità concrete dei loro pg: pertanto i partecipanti – o il partecipante – risulteranno eroi o antieroi, a seconda del loro indirizzo e delle modalità di conseguimento dei vari obiettivi prescritti oppure no. Ci si può gettare tra le fiamme di un drago con ardore o scappare furtivamente da quest’ultimo e portare a casa la caparra al di là delle possibili conseguenze che il mostro porterà con sé, per esempio.
Infine, il personaggio può addirittura opporsi per interesse personale o per una visione morale diversa dai veri protagonisti della narrazione: i partecipanti – o il partecipante – si caleranno così nei panni degli antagonisti, mettendo in seria crisi, oppure no, gli scritti del Dungeon Master. È lo scenario più stimolante e allo stesso tempo articolato che si possa verificare: la trama viene profondamente influenzata dai personaggi e da loro può dipendere il destino dell’universo in cui hanno deciso di giocare le carte della propria immaginazione.
Nel Gioco di Ruolo interpretativo, il personaggio è quindi qualunque cosa voi desideriate essere; esistono molteplici tipologie di relazioni che possono venirsi a formare sia in corso d’opera che al momento della creazione del gruppo di gioco. Non esistono standard, non esistono formule migliori o più efficienti di altre: esiste soltanto il rapporto che volete instaurare con l’intera avventura.
Miguel de Cervantes Saavedra è riuscito a rendere il suo antieroe per eccellenza, il buon Don Chisciotte, il protagonista del romanzo a quest’ultimo dedicato. Nonostante il perenne anacronismo culturale e sociale che lo caratterizza, l’epilogo del libro mostra l’immagine, assolutamente positiva, di un povero cavaliere senza macchia e senza paura che privo di qualunque interesse vorrebbe soltanto vivere appieno le realtà dei suoi romanzi.
E voi, siete più Don Chisciotte o Sancho Panza? Protagonisti o antagonisti? Eroi o antieroi?
Io personalmente, ho ancora da combattere contro molti mulini a vento.
– Pasquale Palma –