Al mondo esistono alcuni temi, o argomenti, semplicemente intramontabili: il riscaldamento globale (con annessi desertificazione ed effetto serra), Leonardo DiCaprio e la sfortuna con gli Oscar (che però nell’ultimo anno potrebbe averci tolto il divertimento), il calcio, e così via. Da quasi un decennio, però, abbiamo aggiunto a questa élite qualcosa che riguarda più da vicino il fantasy, ovvero “che cosa sta facendo Joanne Rowling”. Era il lontano 2008 quando sbarcò nelle librerie italiane Harry Potter e i Doni della Morte, il settimo capitolo, nonché quello conclusivo, della celeberrima saga del maghetto occhialuto, e da allora il mondo non se n’è più fatto una ragione. Si era abituato troppo bene con le mirabolanti avventure del trio di adolescenti Ron-Hermione-Harry, e ha resistito fino al 2011 gustandosi (veramente?) l’ultimo adattamento sul grande schermo. Ma da quel momento il distacco e la sensazione di vuoto sono stati troppo grandi.
E chi se ne frega se da allora la Rowling ha cercato in tutti i modi di arrivare a fine mese tra libri, cinema e teatro: il volgo ha deciso che non è abbastanza. Al diavolo i libri Le fiabe di Beda il Bardo, Il Quidditch attraverso i secoli e Gli Animali Fantastici: dove trovarli (ah no, l’ultimo teniamocelo buono, metti che ci esce una saga coi fiocchi!). Al diavolo anche l’opera teatrale Harry Potter e la maledizione dell’erede (di cui, in realtà, la Rowling è solo autrice del soggetto). Per non parlare poi dei romanzi gialli pubblicati sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith (ci si chieda perché una scrittrice della sua fama abbia voluto usare un altro nome).
Tutto ciò fa parte dell’altro piatto della bilancia chiamata successo. Se da un lato diventi la seconda donna più ricca d’Inghilterra in dieci anni (vorrei vedere quanti continuerebbero a scrivere), dall’altro il mondo si aspetta sempre qualcosa da te. Non oso immaginare cosa potrebbe succedere se i fan della Rowling si buttassero in blocco su George R.R. Martin: probabilmente lo scrittore se li ritroverebbe in cortile con torce e forconi.
Mi perdonerete questo interminabile sfogo che sembra buttato lì, un po’ a caso. In realtà il pretesto me l’ha fornito una notizia di qualche giorno fa riguardante il futuro lavorativo dell’autrice inglese. Interrogata per l’ennesima volta su eventuali prossime uscite letterarie, la Rowling si è sbottonata su Twitter, confessando di essere al lavoro su due romanzi: uno basato sulle vicende dell’ispettore Cormoran Strike (saga firmata a nome Galbraith), e uno di cui non si sa nulla. Inutile dire che questo inaspettato regalo di Natale non ha fatto altro che alimentare il fuoco di fila di domande sparate a mezzo social, oltre che far fiorire teorie sul soggetto del libro di cui non sono stati forniti ulteriori dettagli.
I’m working on it (literally). And thank you! https://t.co/vA6CZcVhRW
— J.K. Rowling (@jk_rowling) 21 dicembre 2016
C’è chi ha cominciato a ipotizzare un romanzo incentrato su Newt Scamander, che possa essere la rampa di lancio per una saga più grande riguardante Grindelwald, notizia prontamente smentita dalla stessa scrittrice, che ha affermato che il Magizoologo rimarrà un personaggio solamente cinematografico. Altri hanno teorizzato che il soggetto in questione possa essere Harry Potter. In questo caso, nonostante non siano arrivati cinguettii a negare tutto, in passato la Rowling ha sempre definito “conclusa” la vicenda riguardante il mago più famoso degli ultimi vent’anni. Infine c’è chi si è permesso addirittura di criticare la frequenza assidua dell’autrice sul social network, vista come uno spreco di tempo che invece sarebbe impiegato meglio nella stesura dei due romanzi.
Insomma, con J.K. Rowling vale il proverbio “nel bene o nel male, purché se ne parli” (o, in questo caso, le si parli). E poco importa che in un decennio abbia prodotto una delle saghe letterarie fantasy più amate di sempre: ci siamo fatti la bocca buona e adesso esigiamo un’altra portata, a volte dimenticando anche il bon ton.
–Andrea Camelin–