Ricordo ancora con sano amore materno il giorno dell’uscita dell’RPG Dragon’s Dogma. Capcom pubblicò il titolo solo sei mesi dopo The Elder Scrolls V: Skyrim, che ormai aveva già saturato la voglia di fantasy dei più, andando comunque a colmare, almeno a mio parere, molte delle lacune che aveva il celebre successore di Oblivion.
Quando poi annunciarono Dragon’s Dogma Online nel gennaio del 2015, fui tanto eccitato quanto abbattuto, scoprendo che si sarebbe trattato di un prodotto esclusivamente giapponese. Il paese delle Loli e degli Hentai mi aveva violato ancora una volta.
In patria, comunque, non si può dire che il gioco sia stato un successo strepitoso: inizialmente accolto in maniera molto pacata, soprattutto a causa di alcuni problemi dovuti forse alla scarsa esperienza degli sviluppatori in ambito MMORPG, ha poi raggiunto i 950.000 utenti attivi, con un picco massimo di 100.000 giocatori collegati simultaneamente. Le cose sono migliorate leggermente con l’arrivo della versione 2.0 del titolo (che aggiungeva contenuti, ambienti, personaggi e mostri), ma è innegabile che si sia faticato, e si fatichi tutt’ora, a raggiungere un utenza solida come in altri MMO.
La situazione, comunque, non sembra aver scoraggiato Capcom: “Abbiamo pubblicato la versione 2.0 di Dragon’s Dogma Online lo scorso giugno e, contemporaneamente, stiamo già progettando la 3.0. Una volta che avremo maggiormente consolidato la nostra base installata in Giappone, non è esclusa la possibilità di portare il gioco anche al di là del Pacifico” ha annunciato Kento Kinoshita, game director.
Che sia la volta buona? Incrocio le dita, nonostante sia presto per esultare, soprattutto considerando che non è chiaro come l’utenza occidentale possa rispondere all’arrivo un titolo che anche nella versione single player ha registrato numeri di vendita sì buoni, ma non eccellenti.
–Yari Montorsi–