Vi è mai capitato di vivere uno di quei giorni fiacchi al punto che vorreste scolpire nel marmo un Abramo Lincoln dalle fattezze scimmiesche giusto per convincere un amico in post-sbornia che la sua pennichella sia durata centinaia di anni? Sono quei classici pomeriggi in cui bisognerebbe riprendere in mano e ripassare “Il pianeta delle scimmie” del ’68 e invece si finisce a guardare il soffitto con lo sguardo vacuo di una triglia. Poi, dal nulla, un fulmine nell’oscurità rianima dal torpore, un’idea balzana e geniale si fa spazio nella mente sopita, fino a divenire certezza dogmatica per cui muovere mari e monti; il pensiero fugace catalizza energie fino ad avere parvenza di concretezza, ci si convince che sia realizzabile e che al suo interno sia custodito il segreto per trascendere la propria posizione sociale ed economica. Nel pieno dell’ondata di passione si chiama una persona di fiducia per raccontargli i piani quando, con voce atona, questa smorza le energie facendo notare come si stia parlando di qualcosa già visto in passato. La mente umana è invero estremamente interessante: nell’esempio in questione il soggetto non aveva inventato nulla, aveva semplicemente registrato nell’inconscio un’informazione rimossa che aveva rievocato senza rendersene conto, da cui il desiderio di “copiare” un concetto che aveva saputo apprezzare o di cui testimoniava il successo.
Cambiando del tutto argomento, parliamo di MOBA, la nuova gallina dalle uova d’oro. Si tratta di giochi in cui, in piccole arene online, un numero contenuto di utenti si contende uccisioni in un contesto che è una via di mezzo tra il frenetico sparatutto e il logico videogame strategico. Grazie ai suoi costi esigui e alla grande componente social che ne fa da collante, si tratta di un’esperienza ai limiti della tossicodipendenza e da cui è difficile uscire, terreno fertile per i produttori di videogiochi che, pertanto, hanno iniziato una sfaccettata ricerca sperando di ritagliarsi un proprio angolo di mercato. Il più noto è certamente “Legue of Legends”, ma anche “DotA 2” e “Smite” sono riusciti a guadagnarsi una posizione di vantaggio, quindi è subentrata una serie di titoli al limite del plagio e, infine, si sta delineando un nuovo rinascimento guidato dalle grandi case di sviluppo e che dovrebbe ravvivare la fiamma della passione nei cuori dei gamer. Blizzard sta già animando gli spiriti con “Overwatch“, 2K ha fatto un tentativo deboluccio con “Battleborne” e si aspetta con ansia il “Gigantic” degli studi Motiga.
Casualità vuole che Epic Games, celebre per la saga di “Gears of War”, abbia proprio in questi giorni annunciato Paragon, un misteriosissimo titolo che, dando retta alle illazioni, sarebbe da godersi online con modalità non dissimili dallo sparatutto. Verrebbe da pensare a un gioco in prima persona, ovviamente, se non fosse che il gruppo preveda di fare uscire prossimamente un nuovo “Unreal Tournament”, ed è dunque improbabile dunque che vada a offrire due prodotti troppo simili: le alternative possibili, a questo punto, non sono poi molte. Il principale indizio in direzione del MOBA è la descrizione delle abilità proprie del piccolo roster di personaggi, ognuna delle quali adotta un linguaggio proprio di un multiplayer online; ovviamente non si tratta affatto di una prova schiacciante, ma di questi tempi le grandi aziende non sono state famose per il rischiare con idee fuori dal coro o con rivoluzioni epocali, soprattutto se spalleggiate da una grande utenza di fan o da una tecnica che ha fatto la storia del videogame.
Ovviamente, sia per gusti personali che come sostenitore della teoria del caos, mi auguro che Epic Games sappia sorprendere tutti sconvolgendo le previsioni, magari offrendo un dungeon crawler in puro stile “Diablo” o, ancora meglio, un “musou” multiplayer arricchito da inedite dinamiche occidentali, ma ho seri dubbi che questi miei sogni siano rappresentativi di concrete possibilità. In ogni caso l’attesa sarà molto breve, visto che l’uscita è prevista per la prima metà del 2016 e, in effetti, è già possibile mettersi in lista per partecipare alla beta. Sentitevi liberi di fare da cavie per capire se Paragon sarà genuinamente innovativo o se i suoi creatori hanno preferito sguazzare in uno stagno iperaffollato marchiando il proprio prodotto con un nome che sa di arrogante sfida.
–Walter Ferri–