Qualche giorno fa in redazione si commentava il trailer di qualità praticamente cinematografica della appena avviata storyline autunnale di D&D 5.0, Rage of Demons, della quale qui sull’Isola ve ne ho parlato in lungo e in largo a partire dalla campagna pen-and-paper Out of The Abyss. Tra videogiochi, MMORPG, film annunciati e quant’altro, abbiamo convenuto come alla Wizards in questo periodo non stiano davvero badando a spese e stiano dispiegando una potenza di fuoco multimediale davvero sbalorditiva: Sword Coast Legends, Neverwinter, trailer vari e l’annunciata nuova pellicola cinematografica. Tanto che la chiosa finale del nostro Stefano: “si preparano ad affossare la concorrenza”, mi ha indotto a mettere in fila una serie di riflessioni e di bilanci dopo un anno di quinta edizione, di cui vado a farvi partecipi (non vedevate l’ora, confessate).
Questa nuova versione del nonno di tutti i GdR si è caratterizzata fin da subito per un approccio completamente inedito alla produzione di contenuti per il pen-and-paper. Tramontata l’era degli infiniti moduli “contenitore” delle passate edizioni, dedicati a tradurre completamente i più disparati aspetti ruolistici in statistiche di gioco (classi, personaggi, equipaggiamenti, ambientazioni alternative, location, città, sesso, artigianato, cucina fantasy e chi più ne ha più ne metta), si è scelto qui fin da subito di focalizzarsi intorno alle storie.
In appena un anno e poco più dalla release, la Wizards ha lanciato ben tre archi narrativi completi (Tyranny of Dragons, Elemental Evil ed ora Rage of Demons) le cui fondamenta hanno poggiato su tre campagne pen-and-paper pronte da giocare, ciascuna indipendente dalle altre e studiate per portare i giocatori dal 1° al 15° livello. Queste storie si sono pesantemente ripercosse su altri media, principalmente videogames. E i videogiochi e il cinema (inteso come grande distribuzione) sono, non a caso, i luoghi principe nei quali è possibile reclutare nuovi fan per il tabletop.
Lo ha ammesso la stessa casa di Seattle per bocca di Chris Perkins, Principal Designer del marchio D&D: “Siamo passati dall’essere focalizzati sui prodotti ad essere focalizzati sulle storie,” ha dichiarato a Polygon “il che significa individuare una storia da raccontare che catturi l’essenza di D&D e che galvanizzi giocatori e DM, e poi sviluppare linee guida per quella storia e propagarla attraverso diversi mezzi di espressione”. Tradotto: sviluppiamo storie che si adattino anche a canali più mainstream per attirare giocatori esordienti ad una versione tecnicamente più semplificata e narrativa del pen-and paper. È il tipo di approccio “alla Marvel” applicato al GdR, laddove l’editrice mantiene il fumetto come nucleo generatore del marchio, e i film sono la via preferenziale per attirare il grande pubblico e portarlo a familiarizzare col brand, rivolgendosi poi alla carta stampata per vedere come tutto abbia avuto inizio. Anche qui, Perkins candidamente ammette: “Noi raccontiamo storie. In qualunque modo esse si manifestino, via GdR o qualcos’altro, per noi è ok. Prendiamo atto che il nucleo di D&D è e sempre sarà il pen-and paper, e nel frattempo cerchiamo vie nuove per presentare queste storie al di fuori, in modo da attrarre nuovo pubblico e fargli scoprire da dove proviene D&D”. All’esordio della 5.0 sostenni come le meccaniche semplificate del regolamento fossero volte più che altro ad attirare giocatori esordienti, guadagnandomi una buona dose di critiche. Ma così stavano allora e stanno ora le cose, ed è esattamente ciò che conferma la Wizards stessa.
Insomma, una strategia davvero ben implementata e giocata. A questo punto, però, è inutile che alla Wizards continuino a spergiurare che la quinta edizione sia stata pensata per soddisfare a monte tanto i neofiti che i giocatori esperti. Tutto, dall’impostazione semplificata delle meccaniche e delle opzioni rispetto al d20 originario, al supersfruttamento delle icone del brand (vedi Drizzt, Tiamat, Male Elementale, ecc.), dalla sovrabbondanza di materiale costituito da campagne pronte da giocare per favorire i Master alle prime armi (il primo modulo “geografico”, Sword Coast Adventurer’s Guide, arriverà solo a novembre dopo ben tre campagne – più chiaro di così si muore.) alla colonizzazione sistematica dei mezzi mainstream, D&D 5.0 è stato pensato per un unico scopo principale: assicurarsi quanto più pubblico esordiente e anagraficamente giovane possibile. In tal senso va anche letta la partecipazione della Hasbro (proprietaria della WotC) alla produzione dell’annunciato nuovo film su D&D della Warner Bros.: col fantasy che continua ad andare per la maggiore tra il pubblico giovane, e se dovesse risultarne un film appena decente, lo sbarco di un bel po’ di nuovi giocatori al pen-and paper sarà assicurato, mentre per conservare i vecchi giocatori si è puntato finora sulla qualità delle storie tabletop (obiettivamente elevata), ma soprattutto sull’affetto e l’appeal che il marchio ancora esercita sui ruolisti di tutto il mondo. E se nel processo D&D dovesse perdere (o dovesse aver già perso) una piccola quota di giocatori esperti emigrati verso altri lidi (tipo le spiagge della Paizo, che non a caso sta cercando di rispondere alla Wiz con i videogiochi Obsidian basati su Pathfinder), pazienza: D&D sta stabilendo in ogni caso un nuovo standard e si sta assicurando il mercato tra i giovani e i giovanissimi per i prossimi 30 anni
Nell’immediato futuro, invece, possiamo prevedere una polarizzazione sempre più marcata, coi duri e puri del roleplaying che tenderanno verso la Paizo, e con la Wizards a ramazzare consensi presso il pubblico in modo più trasversale (e con ordini di grandezza ovviamente superiori), con gli altri attori a contendersi le briciole del mercato dei due colossi.
In ultima analisi, alla 5.0 va dato il merito indiscusso di aver riportato al centro del palco la narrazione e la capacità interpretativa dei giocatori, in contrasto con la tendenza “regolamentocentrica” sulla quale si erano un po’ avvitate le passate edizioni, tendenza che cominciava a farsi indigesta perfino per gli addetti ai lavori. La Wizards, con la nuova strategia editoriale, tenta forse genuinamente di far comprendere al pubblico che l’esperienza pen-and-paper è la via più completa e profonda di vivere l’universo D&D.
Tutto vero, tutto bello. Ma siamo sicuri che, nell’ansia di attirare pubblico abituato al mainstream e nel furore semplificatorio di offrire un prodotto fruibile a quel tipo di pubblico, non si rischi col tempo di compromettere troppa di quella completezza e profondità di esperienza che è la ragion d’essere di un Gioco di Ruolo? Che ne pensate, illyoners?
– Luca Tersigni –