Se dici Daniel Radcliffe, dici Harry Potter: l’attore britannico, classe 1989, ha visto per anni il proprio nome legato a doppio filo alla saga del maghetto prescelto dei romanzi di J.K. Rowling, nelle vesti del protagonista di una delle saghe fantasy più famose di sempre. Non appare quindi strano che il giovane abbia trovato parecchie difficoltà, in seguito, ad allontanarsi da quell’ingombrante ruolo che, si può ben dire, l’ha perseguitato, rendendogli complicato dedicarsi ad altri progetti, specie di teatro, di cui Radcliffe è un grande appassionato.
È noto che la sua presenza in un film di genere molto diverso, “The Woman In Black“, abbia calamitato l’attenzione del pubblico e la legittima curiosità di vederlo interpretare il ruolo di un giovane avvocato rimasto vedovo, rendendolo il film horror britannico di maggior successo degli ultimi vent’anni: ma, a voler essere sinceri, al di là della presenza dell’attore che di certo ha avuto un peso rilevante, è anche vero che il film in questione era davvero interessante, se non pregevole.
Daniel, proprio in virtù del fatto che altri attori che hanno partecipato alla saga di Harry Potter, come Emma Watson (Hermione Granger) e Alan Rickman (Severus Piton), hanno avuto difficoltà ad abbandonare il ruolo che li ha resi celebri, non si è mai davvero fermato: attivista per i diritti degli omosessuali, si è gettato in ruoli sempre differenti e così, dopo una parte nel divertente film “Extras” (in cui interpreta una sorta di parodia di se stesso) e i drammi recitati a teatro come “Equus” (in cui, tra l’altro, si cimentava in una scena di nudo integrale) e “How to Succeed in Business Without Really Trying“, eccolo approdare nel ruolo di Igor in “Victor Frankenstein“, dove gli verrà data la possibilità di offrire una performance ancora diversa rispetto al solito.
FU MARY SHELLEY, FU FRANKENSTEIN E FU UN SUCCESSO
Sebbene la scrittrice sia nota per diverse opere di pregio come “Valperga, L’Ultimo Uomo“, è per il “Frankenstein: ovvero il moderno Prometeo” che Mary Shelley è maggiormente conosciuta oggigiorno, sebbene sia lecito chiedersi in quanti abbiano davvero letto questo romanzo e non basino, invece, la propria conoscenza solo sul “sentito dire” o su ciò che sul piccolo e grande schermo nel corso degli anni è stato rappresentato: difatti, il “mostro” o la “Creatura”, erroneamente identificati come “Frankenstein”, in quanto trattasi del nome del creatore, è presente ufficialmente in circa una quarantina di film, nelle vesti del protagonista o del comprimario, senza dimenticare parodie, citazioni e quant’altro, come l’ideale “seguito“, ossia il meraviglioso “Frankenstein Junior” di Mel Brooks.
Com’è noto, l’idea per il romanzo nacque durante un soggiorno che vide riuniti assieme Mary Shelley, appunto, Lord Byron, John William Polidori (autore del celebre “Il Vampiro”) e Claire Clairmont, nei pressi di Ginevra, ed è figlia di una mai sopita paura dell’uomo ottocentesco per lo sviluppo tecnologico, l’ignoto e la paura della morte, che da sempre lo accompagna: il “Frankenstein” è un’opera sublime perché affonda in queste paure, ne sviluppa la componente psicologica, si sofferma sull’evidenziare anche l’orrore per la conseguenza delle proprie azioni e getta le basi per diversi generi moderni, quale l’horror e il gotico, ma anche la tendenza a porre in rilievo l’aspetto psicologico dei “mostri” e la consapevolezza di sé.
Di tutte le opere cinematografiche, quella probabilmente più fedele e poetica è senza dubbio il “Mary Shelley’s Frankenstein”, che poteva contare anche su un cast di tutto rispetto, da Robert De Niro a Kenneth Branagh, dal solito eccelso Ian Holm (il vecchio Bilbo Baggins, Ash nel primo “Alien”) a Robert Hardy, che è del pari l’opera più discussa e controversa, tra grandi estimatori e immancabili detrattori, pur annoverando diverse nomination a premi prestigiosi.
Con una filmografia così sterminata e, soprattutto, con una trama a cui si attinge fin dal lontano 1910 con un cult (“Frankenstein“) in cui erano presenti grandi attori come Augustus Phillips, Charles Ogle e Mary Fuller, viene quindi da chiedersi cosa di nuovo possa offrirsi al pubblico moderno che non sappia di già visto e non sia offensivo della materia.
VICTOR FRANKENSTEIN, OVVERO IL MODERNO FILM
Nel cast di questo “Victor Frankenstein”, che uscirà nelle sale statunitensi il prossimo 25 novembre, oltre al già citato Daniel Radcliffe ci saranno il bravo James McAvoy (conosciutissimo per aver interpretato il Professor Xavier/Professor X in “X-Men – L’inizio” e “X-Men – Giorni di un futuro passato”) nel ruolo di Victor Frankenstein, Jessica Brown Findlay (“Albrtross”, “Lullaby”) nelle vesti di Lorelei, e Mark Gatiss (nella serie “Sherlock” è Mycroft Holmes, mentre in “Game of Thrones” è Tycho Nestoris, il banchiere di Braavos) nel ruolo di Dettweiler.
La trama, a quanto si conosce, si concentrerà sul punto di vista di Igor e l’approfondimento del suo rapporto con il dottor Frankenstein, di cui diverrà l’assistente ed il complice (dissotterrare e dissezionare cadaveri non veniva visto di buon occhio nemmeno allora), nel folle sogno di ridar vita dopo la morte: ambientato in un ‘800 ricreato in CGI (e si vede), il trailer offre già una panoramica di quello che sarà possibile attendersi dal film: in primis, non può non saltare all’occhio l’atmosfera un po’ gigionesca inaugurata dallo “Sherlock Holmes” di Robert Downey Jr., con battute sagaci e rapide, movimenti di macchina all’occorrenza frenetici, ed un certo gusto per la suspance ed i jump-scare (tecnica che consiste nel creare un momento di stallo e silenzio prima di far succedere qualcosa di improvviso che faccia sobbalzare lo spettatore, da un gatto che esce all’improvviso ad un essere che si manifesti dal buio in una frazione di secondo); la città e le ambientazioni, dal canto loro, mostrano una componente storica che risulta essere tendente da una parte al “realistico, ma pulito”, ma dall’altra ad una maggior presenza di progresso tecnologico, per così dire: un po’ Vidoq, un po’ il già citato film dell’investigatore più famoso di sempre.
La regia è stata affidata a Paul McGuigan, che nemmeno a farlo apposta si è occupato, tra le altre cose, di un paio di episodi della serie tv “Sherlock“, oltre ad aver diretto il celebre “Slevin – Patto Criminale“.
Il film, come detto, verrà distribuito a partire dal 25 novembre 2015 nelle sale americane, e giusto il giorno dopo in quelle italiane: non resta, per ora, che gustarsi i trailer attualmente disponibili ed incrociare le dita, sperando che non si ripeta lo scempio di altre produzioni, anche recenti, riguardanti il personaggio di Shelley.
– Leo d’Amato-