Cari Isolani, benvenuti al nuovo appuntamento con le recensioni di Isola Illyon dedicate ai singoli episodi della quinta stagione di ‘Game of Thrones’! Oggi è tempo di soffermarsi sulla seconda puntata, intitolata ‘The House of Black and White’ (in Italia, ‘La Casa del Bianco e del Nero’).
DISCLAIMER: Quantunque tenti di evitare SPOILER, la presente recensione contiene inevitabilmente quelli indispensabili a comprendere l’argomento trattato. In modo da consentirne la fruizione anche a chi ancora non avesse visto la puntata, eventuali anticipazioni più approfondite saranno coperte con l’apposito tasto SPOILER e saranno visibili semplicemente evidenziando il testo oscurato. Gli spoiler riguardanti stagioni precedenti NON saranno coperti.
L’episodio è incentrato in buona parte su Arya Stark e sulle sue vicissitudini a Braavos, una delle Città Libere di Essos. Riappare il Titano di Braavos, una versione fantasy del Colosso di Rodi che saluta i navigatori che giungono nella città. Una nota di merito agli scenografi, che hanno curato una marea di dettagli apparentemente ininfluenti, ma in realtà decisivi per il realismo del girato: basti pensare alla presenza di acqua stagnante sul ponte della nave. Il lavoro di computer grafica sulla città, poi, è impressionante: Braavos appare in tutta la sua magnificenza, con canali e monumenti giganteschi, e la Casa del Bianco e del Nero si staglia in tutta la sua imponenza davanti a una sparuta Arya. Rifiutata dal guardiano della struttura, Arya si vede costretta a tornare alla vita che aveva conosciuto ad Approdo del Re. In un interessante parallelismo con il finale della prima stagione, si ritrova sperduta tra le vie di una grande città, sola e armata soltanto della fedele spada Ago, a dar la caccia ai piccioni. Fortunatamente alla fine ritrova il guardiano, lo segue fino alla Casa del Bianco e del Nero e ritrova Jaqen H’ghar – o, almeno, l’uomo che avevamo conosciuto con questo nome durante la prigionia ad Harrenhal. “Quest’uomo non è nessuno” proclama enigmatica la nostra vecchia conoscenza, “e presto lo sarai anche tu.” Arya si avvia dunque verso un misterioso percorso di apprendimento, su un sentiero decisamente oscuro.
Coerentemente con l’impostazione della puntata precedente, che ci auguriamo venga mantenuta per tutta la stagione in corso (e magari anche in quelle future), questo secondo episodio rinuncia ad un affollamento confusionario di personaggi e situazioni, preferendo selezionare alcune trame a scapito di altre, consentendo loro di svilupparsi con il giusto spazio. In questo modo, ogni trama ha il giusto respiro. Così è per la storia che vede Brienne e Podrick impegnati nella ricerca di Sansa, che ci regala alcune tra le scene più coinvolgenti dell’intera puntata, giusto nei minuti iniziali. Per un puro caso, Brienne incappa nella comitiva di Sansa e Ditocorto. Si presenta in un dialogo un po’ surreale (come molti di quelli che non affondano le proprie radici nei romanzi di George Martin) e, alla fine, subisce il fermo rifiuto di una Sansa che, nella sua rinnovata maturità, torna anche ad essere seriamente antipatica. A questo punto si innesca un combattimento a cavallo veramente degno di plauso per l’ottima fattura, che vede Brienne sterminare la soldataglia Arryn e salvare la vita a Pod. Memorabile il momento in cui la sua spada Giuramento, fatta di acciaio di Valyria, spezza di netto la lama di un avversario e ne trapassa l’armatura. Peccato che, al di là di queste sequenze adrenaliniche, tutto il filone della cerca di Brienne e Podrick appaia un po’ senza né capo né coda.
A questo punto, il ritmo subisce un calo quasi vertiginoso. Le cose vanno in maniera assai diversa dai libri anche ad Approdo del Re, dove Cersei e Jaime, che ci sembrano sempre più lontani l’una dall’altro, ricevono una inequivocabile minaccia da Dorne e Jaime si impegna in una missione ad alta segretezza per infiltrarsi nei Giardini dell’Acqua dorniani e sottrarre la giovane sotto il naso del Principe Doran Martell. Per far ciò punta su un inedito team-up con Bronn, che troviamo in compagnia della promessa sposa Lollys Stokeworth. Sempre ad Approdo del Re, Cersei stringe la presa sul potere che in realtà, teoricamente, spetterebbe al figlio: ridistribuisce la cariche a proprio piacimento, ma si scontra con l’ostilità dello zio paterno, ser Kevan Lannister (il padre del cugino Lancel, gradito ritorno della scorsa puntata in una veste drammaticamente diversa da quella in cui lo avevamo conosciuto), che giunge addirittura a rifiutare la carica di Maestro della Guerra pur di non diventare un burattino nelle mani della Regina Madre. Ci piace questo Ser Kevan, uno dei pochi personaggi ad avere abbastanza attributi da sbattere ciò che pensa in faccia alla sempre più potente Cersei, infischiandosene delle conseguenze. Certo, finora chi si è comportato così non ha vissuto a lungo, ma confidiamo che la sorte, per una volta, giri a favore dei “buoni”. Chissà.
Alla Barriera, come annunciava la sinossi, Jon viene “tentato” da Stannis. La tentazione consiste nell’offerta di essere esonerato dal giuramento fatto ai Guardiani della Notte, nobilitato con il nome di Stark e investito del potere sul Nord: chi di noi, nei suoi panni, non sarebbe tentato? Ma Jon, dimostrandosi più saggio di quanto ha finora fatto vedere (almeno nella serie), rifiuta senza nemmeno pensarci. Certo, ben più promettente era l’offerta fatta nei libri e ben altro il pathos per questa decisione, ma la serie preferisce evidentemente tralasciare questo genere di sollazzi autoerotistici mentali e procedere dritta al punto. E il punto è l’elezione, combattuta fino all’ultimo voto, di Jon Snow come 998esimo Lord Comandante dei Guardiani della Notte, favorita da un Samwell Tarly mai così pronto di lingua e capace di rintuzzare persino le accuse di codardia che gli vengono mosse. Un bel momento di trionfo per il Bastardo di Grande Inverno, ma resta da vedere quanto a lungo potrà goderselo.
A Dorne Ellaria Sand, concubina del defunto Oberyn Martell (in lutto, come testimonia il vestito nero che porta, in aperto contrasto con quelli sgargianti indossati nella scorsa stagione), si rivela essere l’autrice delle minacce di morte inviate ai Lannister e si scontra col rifiuto di Doran Martell, il Principe, verso una linea d’azione così drammaticamente cruenta. Per tutta risposta Ellaria lo saluta con una minaccia di morte nemmeno troppo velata. Ora, chi scrive ha ormai da tempo superato (o almeno, millanta di averlo fatto) l’istinto che lo portava a confrontare ogni minima differenza tra libri e serie televisiva: ormai è chiaro che i due prodotti si evolvono secondo linee narrative diverse, anche se poi, almeno in teoria, dovrebbero convergere sul finale. E sta bene tutto. Quello che fa veramente soffrire è vedere totalmente storpiati il carattere, la funzione e le idee di un personaggio come Ellaria, che nei libri ha ben altro ruolo, ma qui si trova a recitare intere battute che dovrebbero appartenere ad un’altra figura, purtroppo “tagliata” dalla serie TV. L’effetto, in questi casi, è oltre il grottesco, e nel mio piccolo mi sento di criticare ferocemente una scelta così scellerata.
Due parole su Tyrion e Daenerys. Il primo si limita ad una comparsata, mentre la seconda è sempre più sprofondata nel pantano di Meereen e, qualunque decisione prenda, produce conseguenze catastrofiche. Il discorso di Ser Barristan sulla follia di Aerys II inizia a sembrare profetico. Un caro saluto a Mossador, il liberto apparso nella prima puntata, entrato nel Concilio ristretto di Daenerys e uscitone senza nemmeno il dubbio onore di una decapitazione inquadrata come si deve. Di questa parte salviamo solo l’apparizione di Drogon, preannunciata dai primi trailer: il drago nero è veramente maestoso, ma Daenerys non è pronta a gestirlo e il “figlioletto” spicca il volo nella notte meereenese.
Da segnalare, in chiusura, anche la fantasiosa traduzione di Sky Atlantic, con i sottotitoli che in diverse occasioni contraddicono a scena aperta quanto detto dai protagonisti. Un caso su tutti: quando Tyrion si lamenta della presenza di un insetto nel vino, Varys gli risponde argutamente che bevendo dalla coppa rischierebbe di ingerire anche “cibo solido”; la bella frecciatina va perduta per il pubblico italiano, perché i sottotitoli dicono “Ne troverai tanti altri”. Capiamo che il lavoro sia stato svolto rapidamente, ma certe incongruenze stupiscono. Complessivamente, comunque, una puntata piuttosto buona, nella media della serie televisiva, anche se dopo il combattimento roboante che abbiamo descritto il ritmo cala drasticamente e, in momenti che dovrebbero risultare sconvolgenti per lo spettatore, manca qualunque pathos (penso soprattutto a come viene “gestita”, anche nelle tempistiche, la proposta di Stannis a Jon). Teniamo però presente che la serie sta ancora scaldando i motori e che il meglio deve ancora arrivare! Dandovi appuntamento a mercoledì prossimo per la recensione della terza puntata, ‘High Sparrow’, vi salutiamo con il relativo promo!
– Stefano Marras –
Game of Thrones 5×02, ‘House of Black & White’: recensione
Isola Illyon
+ Il combattimento che vede protagonista Brienne è da urlo: finalmente vediamo in azione l'acciaio di Valyria!
+ Drogon è immenso, imponente, magnifico, ma Dany non è ancora pronta per domarlo;
+ Interessanti sviluppi per le trame di Arya, Jaime e Jon;
+ Graditi ritorni nel cast: Jaqen H'ghar e Bronn!
- Il ruolo di Ellaria Sand è stato completamente stravolto per "risparmiare" l'inserimento di un nuovo personaggio;
- Tranne che per i primi minuti, la puntata non ha quasi per nulla pathos;
- La fantasiosa traduzione nei sottotitoli di Sky Atlantic;